La serata del 9 luglio al Teatro Comunale Nouveau di Bologna ha visto andare in scena “Il Trittico” di Giacomo Puccini, con la regia di Pier Francesco Maestrini e la direzione d’orchestra del Maestro Roberto Abbado. Un’edizione complessivamente tra luci e ombre, tanto sul lato musicale quanto su quello registico.
Saggia è stata innanzitutto la scelta di ricondurre all’unitarietà dell’idea pucciniana l’esecuzione dei tre titoli nella stessa sera e non separatamente, come precedentemente annunciato.
La regia di Maestrini si preannunciava indubbiamente interessante, con l’ambizione di ancorare fortemente tutte e tre le vicende alla Divina Commedia dantesca. Un’idea non innovativa ma senza alcun dubbio ambiziosa e sfidante. I risultati si sono rivelati alterni. Se nel Gianni Schicchi, commedia che di per sé si presta maggiormente a letture fantasiose e decontestualizzate, l’idea generale sembrava reggere senza troppe forzature e anzi, lasciando spazio a trovate registiche di grande effetto, meno riuscita e credibile ci è parsa l’ambientazione di Suor Angelica. Sia chiaro, le scene di Nicolas Boni e le luci di Daniele Naldi erano in tutti e tre i casi di notevole impatto, con splendide proiezioni e contrasti luminosi (suggestive le commistioni tra figure proiettate e figuranti in carne ed ossa), ma nel finale del secondo dramma la scelta di mostrarci la protagonista già immersa nella selva dei suicidi dentro un albero tra altri come lei faceva perdere, a nostro avviso, un po’ di quell’intensità profondamente verista a favore di un’atmosfera un po’ troppo fantasy, oseremmo dire alla “Harry Potter”. Luci e ombre, insomma, tra scelte teatralmente azzeccate ed altre sconfinanti in voli pindarici fuori luogo. Al netto di tutto un plauso va alle innumerevoli controfigure, mimi e figuranti, elemento fondamentale e perfettamente inserito negli squarci scenografici dei gironi infernali popolati da anime dannate.
Dal punto di vista musicale, la serata è stata di buon livello. Il Maestro Roberto Abbado ha saputo trarre il meglio dall’orchestra del Teatro Comunale così come dal Coro, offrendo una lettura raffinata e dinamica delle tre opere che compongono “Il Trittico”. La sua direzione ha esaltato la ricchezza e la complessità della partitura pucciniana, regalando momenti di grande intensità emotiva. Da segnalare purtroppo alcuni limiti acustici della sala bolognese, in cui i volumi orchestrali risultano talvolta sovrastare le voci nonostante la buona volontà della direzione.
Purtroppo, la serata è stata penalizzata da un fastidioso rumore riconducibile agli impianti dell’aria condizionata che ha disturbato la fruizione della musica per tutta la prima parte di “Suor Angelica”.
Anche nei tre cast le performance degli interpreti sono state complessivamente soddisfacenti, pur tra alti e bassi.
Ne “Il Tabarro” a distinguersi particolarmente per la loro interpretazione sono stati Luciano Leoni, come Talpa e Chiara Isotton, Giorgetta. Il primo si è disimpegnato con una prova vocale solida ed una buona dose di espressività, la seconda ha fin da subito fatto valere le proprie qualità canore ed emotive che la vedono esprimere un particolare feeling con queste pagine di repertorio. La sua Giorgetta ha evidenziato con un fraseggio incisivo tutti i tormenti che la portano verso il doloroso finale. Corretta la prova di Mikheil Sheshaberidze come Luigi, pur parendoci talvolta un po’ in difficoltà nell’emissione. Deludente sotto ogni punto di vista Dario Solari, nei panni del protagonista Michele, La voce risultava spesso sovrastata dall’orchestra e anche sulla scena il cantante non ha brillato per coinvolgimento e presenza, se non nell’imponente finale (complici luci e regia). Considerati i problemi acustici di cui sopra, le prove di Xin Zhang (Tinca), Cristina Melis (Frugola), Marco Puggioni (venditore di canzonette), Cristobal Campos (un amante) e Tatiana Previati (una amante) hanno contribuito positivamente alla rappresentazione.
Decisamente migliore sotto il profilo vocale “Suor Angelica”. Chiara Isotton non ha cantato o interpretato magistralmente il ruolo della protagonista ma vi si è a tutti gli effetti immersa e immedesimata naturalmente, regalando al pubblico una prova da brivido, di eccezionale trasporto emotivo, sorretta da una tecnica vocale invidiabile che le ha consentito mezze voci appese ad un filo e una versatilità invidiabile tanto nel canto più lirico quanto negli accenti drammatici, toccanti senza mai sconfinare nelle urla.
Molto positiva anche la prova di Chiara Mogini, che è corsa in sostituzione all’ultimo ma nonostante ciò si è perfettamente trovata a proprio agio nei panni della Zia Principessa, caratterizzata dalla necessaria austera cupezza nella voce e nel canto e sulla scena. Corrette, seppur talvolta soverchiate dall’orchestra, le restanti suore. Manuela Custer, rigorosa badessa, Elena Borin, suora Zelatrice, Federica Giansanti, Maestra delle Novizie, Vittoriana De Amicis, suor Genovieffa, Maria Cenname, suor Osmina, Mariapaola Di Carlo, Suor Dolcina, Laura Cherici, Suora Infermiera, Tatiana Previati, prima cercatrice, Hyeonsol Park, seconda cercatrice, Anna Grotto e Federica Fiori, le converse, Laura Stella, una novizia.
Per quanto concerne infine “Gianni Schicchi”, forse la più riuscita delle tre dal punto di vista registico, ad emergere su tutti è stato il protagonista, Roberto De Candia, sempre eccezionale nei ruoli di caratterista, capace di far divertire senza eccessi macchiettistici, con il supporto di mezzi vocali solidi ed espressivamente dinamici. Incantevole la Lauretta di Darija Augustan nella sua spontanea freschezza, particolarmente positivi il Betto di Luciano Leoni e il Simone di Mattia Denti. Uniformità di giudizio, più che positivo, per Manuela Custer (Zita), Giorgio Misseri (Rinuccio) e per gli altri famigliari ovvero Xin Zhang, Gherardo, Vittoriana De Amicis, Nella, Michele Patti, Marco, Laura Cherici, Ciesca, Marco Gazzini, Maestro Spinelloccio, Bryan Sala, Ser Amantio di Nicolao, Giulio Iermini, Guccio, Zhibin Zhang, Pinellino. Simpatico e ben caratterizzato il Gherardino di Michelle Lamieri.
Al termine applausi vivi con punte di entusiasmo per Chiara Isotton e Roberto De Candia.