Spumeggiante, brioso e divertente l’ Elisir d’Amore di Gaetano Donizetti andato in scena al Teatro Sociale di Rovigo con la vivace regia dell’eclettico Bepi Morassi.
Un allestimento rutilante di caleidoscopici colori con scene e costumi di Gianmaurizio Fercioni e le briose coreografie di Barbara Pessina.
Semplicemente straordinarie le prove attoriali sostenute da ciascun personaggio in scena: dall’apprezzabile Coro Lirico Veneto diretto dal maestro Matteo Valbusa, all’ultimo degli armigeri della guarnigione del sergente Belcore, dai contadini e contadinelle del villaggio, fino agli interpreti principali.
Ogni protagonista è giusto al posto giusto e da tutto l’insieme scaturisce che l’Elisir non solo “desta amore” ma desta anche gioiosa partecipazione del pubblico che manifesta spesso il riconoscimento di gradire questa produzione che vanta la collaborazione della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia ed è coprodotta con il Teatro Mario Del Monaco di Treviso.
Nessun volo pindarico interpretativo di fantasia estrema della storia, ma una fedele ricostruzione del libretto di Felice Romani che, proprio per questo, risulta di immediata intelligibilità e gradevole risultato.
Questa la storia in sunto: momento di pausa in tempo di mietitura, i braccianti (tra essi la contadinella Giannetta) intorno ad Adina, figlia del fattore, la quale legge le vicissitudini amorose di Tristano ed Isotta mentre Nemorino sospira per lei un amore inconfessato dalla timidezza, il sopraggiungere dello spavaldo sergente Belcore che cerca soldati per il suo reggimento convinto nel contempo che il fascino della divisa faccia cadere le donne ai suoi piè, l’arrivo quasi circense in paese del “dottor” Dulcamara – millantatore di medicamenti miracolosi tra i quali l’Elisir d’amore che altro non è che un mediocre vino Bordeaux.
Ci casca il semplice Nemorino il quale, bevuta la pozione, ebbro d’amore e di alcol, innesca una serie di rocamboleschi fraintendimenti e gelosie, che pur tuttavia alla fine sortiscono ad un finale di tutti felici e contenti.
Nel “golfo mistico” l’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta ha buoni volumi e coerenti intese con i cantanti grazie alle simbiosi ben controllate nelle molteplici sfumature dell’esigente spartito, dalla bacchetta del direttore e concertatore Gerardo Felisatti.
La sensualità vezzosa di Adina è ben interpretata da Giulia Mazzola che unisce alla disinvolta presenza scenica gli svettanti acuti argentini e la varietà delle colorature dei timbri di piani e centrali. E’ patente la sua emozione e la trasmette in “Prendi, per me sei libero”.
Anche Judith Maria Duerr – che veste bene i panni della leggiadra Giannetta – possiede bel timbro di agilità e sicura emissione.
Liparit Avetysian è perfetto Nemorino: giovane attore in ogni quadro richiesto dalla sua imbranata timidezza alla sua ubriacatura. Sfoggia bella voce sostenuta da buona tecnica in ogni passaggio pur qui e là pecca un pochino il fraseggio nelle chiusure di frase.
L’attesa aria “Una furtiva lagrima” eseguita lenta e filata fino al pianissimo si può morir, in solitudine al tramonto, è di densa di coinvolgimento sentimentale, risulta pulita e priva di sforzo interpretativo scaturendo una lunga ovazione con richiesta di bis rimasto purtroppo inascoltato.
Anche il sergente Belcore è credibile nella parte. William Hernandez ha prorompente presenza scenica, buon timbro brunito e rotondo, si destreggia nei vari registri anche se non sempre omogenei.
Matteo Torcaso è il ciarlatano dottor Dulcamara. Ripeto: E’ Dulcamara punto. Prorompente, furbo e spigliato anche nelle sue incursioni tra il pubblico. Matura è la voce baritonale e così il fraseggio che reggono bene durante le agilità atletiche richieste dalle giocose esigenze di regia; “Udite, o rustici” ne è esempio.
C’è evidente intesa tra i cantanti e tra gli stessi ed il coro, così tra loro ed i figuranti. Lo si evince in vari momenti dell’opera: armoniosi duetti, bello il coro in «Cantiamo, facciam brindisi», gradevole il quartetto «Dell’elisir mirabile», l’aria «Ei corregge ogni difetto» e citarne alcuni e riduttivo.
Il melodramma giocoso donizettiano chiude la bella stagione lirica del Sociale di Rovigo tra gli applausi tanti, lunghi, meritati per ciascuno e per il valido lavoro del suo direttore artistico Edoardo Bottacin.
Un Elisir che “desta amore” come si diceva in cappello, ma indiscutibilmente un Elisir che desta successo fin dalla sua prima rappresentazione che porta data 1832: quasi duecento anni… e non li dimostra!