La decisione di includere un capolavoro come Il barbiere di Siviglia nel programma di quest’anno dimostra che anche i titoli più tradizionali – esiste forse un’opera rossiniana più celebre dal Barbiere, che non ha mai abbandonato il suo posto nel repertorio? – trovano spazio al ROF di Pesaro. Ad esempio, la prossima edizione includerà due opere di repertorio come L’italiana in Algeri e Il turco in Italia, il che sembra indicare che il festival non si sia ancora pienamente ripreso dal danno arrecato nelle loro casse nell’edizione del 2023, con tre, sebbene splendide, sconosciute opere serie, nelle quali la mancanza di pubblico è stata inevitabile.
Come il giorno precedente, la rappresentazione ha avuto luogo nel magnifico Vitrifrigo Arena, alla periferia di Pesaro, ma con un’acustica e visibilità perfette che senza dubbio giustificano il viaggio nel bus navetta messo a disposizione dal festival per il trasferimento dal centro della città al suddetto impianto sportivo, riconvertito in auditorium per l’occasione. Si spera che la riapertura del meno propizio Auditorium Scavolini non comporti la soppressione di questo spazio nelle future edizioni del festival.
Così, il ROF ha riproposto per l’occasione la tradizionale e sempre fluida messa in scena ideata nel 2018 da Pier Luigi Pizzi, il quale, nei saluti finali, ha dimostrato di essere lo stesso fresco di sempre, nonostante i suoi attuali 94 anni. Sono ben riconoscibili i toni bianchi, il minimalismo, la simmetria e il buon gusto abituali nelle produzioni di Pizzi. Il movimento è continuo e il pubblico si diverte con i vari gag comici che si susseguono in scena, come gli starnuti di Berta e Ambrogio, il travestimento di Almaviva da insegnante di musica nanetto, o Fiorello che suona freneticamente il violoncello nel quintetto del secondo atto.
Non si può imputare mancanza di polso alla direzione musicale di Lorenzo Passerini che, pur con una tendenza a precipitare i finali di ogni numero e una gestualità particolare, ha impresso tempi generalmente convenzionali nel primo atto, più frenetici nel secondo, con un quintetto folle e un temporale elettrizzante. Gli si potrà attribuire una mancanza di immaginazione nelle sfumature, ma è giusto riconoscere che non è mai risultato pesante o routinario e che è riuscito a ottenere un notevole suono dalla Orchestra Sinfonica G. Rossini, anche nei momenti più vertiginosi. Particolare menzione alle deliziose transizioni dal recitativo secco all’inizio di ogni numero musicale. Elogiabile, inoltre, il lavoro del Coro del Teatro Ventidio Basso, come sempre sotto la guida di Giovanni Farina, che in questa giornata si è mostrato più disinvolto sul palcoscenico.
Il cast vocale riunito per questo Barbiere ha rappresentato una sintesi arricchente tra la nuova generazione di giovani cantanti, rappresentata da Kataeva, Swanson e Filończyk, e i veterani di consolidata carriera, capeggiati dall’esperto Michele Pertusi.
Solida la Rosina del mezzosoprano russo Maria Kataeva. Sebbene con una voce a tratti un po’ cavernosa, il centro e gli acuti sono molto curati, senza apparenti ma nella scena della lezione di canto, “Contro un cor che accende amore”. Si è rivelata molto convincente anche nella parte scenica.
Corretto complemento a Kataeva, anche se con alcune carenze tecniche, l’Almaviva del tenore statunitense Jack Swanson. Dotato di un timbro biancastro e con problemi puntuali nelle agilità e negli acuti, è emersa comunque una volontà di canto indubbiamente apprezzabile. Lo stesso vale per il Figaro del baritono polacco Andrzej Filończyk, di un travolgente disinvoltura scenica, che gli ha permesso di conquistare il pubblico, nonostante la scarsa varietà nel fraseggio.
Eccellente Carlo Lepore nel ruolo di Bartolo, assoluto basso buffo rossiniano di riferimento, il cui personaggio è caratterizzato nella messa in scena da un problema di rotacismo nella pronuncia delle “r”. Senza cadere nel volgare, la sua comicità è travolgente, e affronta con grande abilità e maestria il sillabato di “A un dottor della mia sorte”. Spreco di esperienza anche nel Basilio balbuziente di Michele Pertusi che, nonostante l’usura vocale, frutto dell’inesorabile scorrere del tempo, ci ha regalato una magistrale “Calunnia” e una vis comica a cui non ci ha abituati.
Formidabili anche i personaggi secondari, sia la veterana Patrizia Biccirè nel ruolo di Berta, sia William Corrò nel doppio ruolo di Fiorello/un ufficiale, e l’attore Armando de Ceccon nel ruolo muto di Ambrogio. Questi ultimi due hanno ripreso, insieme a Pertusi, i loro ruoli dalla prima del 2018.
È impossibile, dopo aver assistito a un buon Barbiere, non uscire dal teatro con un sorriso sul volto; fortunatamente, questa non è stata l’eccezione. Un perfetto finale, dunque, per l’obbligatorio viaggio annuale a Pesaro, terra caratterizzata dalla sua gente cordiale e dalla gastronomia. Da menzionare i suoi prodotti di mare e la deliziosa, anche se a prima vista dall’aspetto scioccante per un forestiero, pizza Rossini. Imperdibile, inoltre, una visita al Museo Rossini e alla sua splendida cattedrale. Contando già i giorni per la prossima fuga rossiniana!
La decisión de incluir una obra maestra como Il barbiere di Siviglia en el programa de este año demuestra que los títulos más tradiciones –¿existe acaso ópera rossiniana más célebre que Il barbiere, que jamás abandonó su lugar en el repertorio?– también tienen cabida en el ROF pesarés. Por ejemplo, la próxima edición contará con dos óperas de repertorio como L’italiana in Algeri e Il turco in Italia, lo que parece indicar que el festival todavía no se ha recuperado plenamente del daño producido en sus arcas en la edición de 2023, con tres, aunque estupendas, desconocidas óperas serias, en las que la falta de público fue ineluctable.
Al igual que el día anterior, la representación tuvo lugar en el magnífico Vitrifrigo Arena, a las afueras de Pésaro, pero de una acústica y visibilidad perfectas que sin duda justifican el viaje en el henchido bus navetta puesto por el festival para el traslado desde el centro de la ciudad hasta el citado polideportivo, reconvertido en auditorio para la ocasión. Ojalá que la reapertura del menos apropiado Auditorium Scavolini no suponga la supresión de este recinto en ediciones futuras del festival.
Así, el ROF repuso para la ocasión la tradicional y siempre fluida puesta en escena estrenada en 2018, ideada por Pier Luigi Pizzi, quien demostró en los saludos finales permanecer igual de lozano que de costumbre, aun a sus actuales 94 años. Son reconocibles a la vista los tonos blancos, minimalismo, simetría y buen gusto habituales en las producciones de Pizzi. El movimiento es continuo, y el público disfruta de lo lindo con los diferentes gags cómicos que suceden en escena, como los estornudos de Berta y Ambrogio, el disfraz de Almaviva como profesor de música enanito, o Fiorello tocando frenéticamente el violonchelo en el quinteto del segundo acto.
No se puede imputar falta de pulso a la dirección musical de Lorenzo Passerini, quien, con tendencia a atropellar los finales de cada número y una particular gesticulación, imprimió unos tempi en general convencionales en el primer acto, más frenéticos en el segundo, con un alocado quinteto y un eléctrico temporal. Podrá achacársele falta de imaginación en los matices, pero es de justicia señalar que nunca resultó pesante o rutinario, y que logró extraer un notable sonido de la Orchestra Sinfonica G. Rossini, incluso en los momentos más vertiginosos. Especial mención a las deliciosas transiciones del final del recitativo seco al comienzo de cada número musical. Loable, asimismo, la labor del Coro del Teatro Ventido Basso, como siempre a los mandos e Giovanni Farina, siendo este el día que más desenvuelto se mostró en el escenario.
El cast vocal congregado para este Barbiere supuso una enriquecedora síntesis entre la nueva generación de jóvenes cantantes, representada por Kataeva, Swanson y Filończyk, y los veteranos de asentada trayectoria, encabezados por el experimentado Michele Pertusi.
Solvente la Rosina de la mezzosoprano rusa Maria Kataeva. Si bien con una voz por momentos algo cavernosa, el centro y los agudos son muy aseados, sin peros aparentes en las dificultades de la escena de la clase de canto, “Contro un cor che accende amore”. Resultó muy convincente, igualmente, en la parte escénica.
Correcto complemento a Kataeva, aun con ciertas carencias técnicas, el Almaviva del tenor norteamericano Jack Swanson. Dotado de un timbre blanquecino y con problemas puntuales en las agilidades y los agudos, se apreció, no obstante, un canto indudablemente voluntarioso. Lo mismo ocurre con el Figaro del barítono polaco Andrzej Filończyk, de apabullante desparpajo escénico, lo que le permitió meterse al público en el bolsillo, pese a su poca variedad en el fraseo.
Sobresaliente Carlo Lepore como Bartolo, absoluto bajo buffo rossinano de referencia, a quien la puesta en escena caracteriza con un problema de rotacismo en la pronunciación de las “r”. Sin caer lo vulgar, su comicidad es desbordante, y sortea con gran habilidad y oficio el sillabato de “A un dottor della mia sorte”. Derroche de tablas también en el tartamudo Basilio de Michele Pertusi, quien, pese al desgaste vocal, fruto del inexorable paso del tiempo, nos obsequió con una magistral “Calunnia” y una vis cómica a la que no nos tiene acostumbrados.
Formidables, asimismo, los personajes secundarios, tanto la veterana Patrizia Biccirè como Berta, como William Corrò en su doble cometido de Fiorello/un oficial y el actor Armando de Ceccon en el papel mudo de Ambrogio, repitendo los dos últimos, junto con Pertusi, sus respectivos roles del estreno de 2018.
Imposible, tras presenciar un buen Barbiere, no salir del teatro con una sonrisa en el rostro; afortunadamente, esta no ha sido la excepción. Perfecto broche final, pues, al obligatorio viaje anual a Pésaro, tierra caracterizada por su gente amable y gastronomía. A destacar sus productos de mar y la deliciosa, aunque a priori de aspecto chocante para un foráneo, pizza Rossini. De visita imprescindible, igualmente, el Museo Rossini y su preciosa catedral. ¡Contando ya los días para la próxima escapada rossiniana!