Nell’ormai iconica cornice del Festival Verdi, si rinnova per la dodicesima edizione l’appuntamento con il glorioso “Club dei Ventisette” e il concerto benefico “Fuoco di gioia”, una vera e propria festa entrata a pieno diritto tra gli eventi di riferimento per gli appassionati d’opera della città.
Il concerto di quest’anno vede alternarsi, come sempre, nomi prestigiosi del panorama lirico odierno, a testimonianza della stima e dell’affetto che il Club si è guadagnato negli anni in questo mondo. Accanto ad essi come sempre spazio anche per alcuni giovani voci, in un festoso connubio nel nome della solidarietà. L’associazione destinataria degli incassi di quest’anno è l’ANFFAS di Parma, impegnata da anni nella tutela dei diritti di persone con disabilità intellettive e disturbi del neuro sviluppo e dei loro familiari.
A presentare la serata, come da tradizione, Paolo Zoppi, detentore del titolo di “Falstaff” nel club. Il programma ha il pregio di spingersi oltre al solo Giuseppe Verdi, coinvolgendo celebri pagine dei grandi operisti italiani ma dando spazio anche a Mozart e Gounod.
Ad aprire la serata è un fuori programma, insolito per l’inizio di un concerto, ovvero il brindisi da La Traviata, intonato dai giovani Federico Bonghi e Sara Minieri in platea tra il pubblico, in una sorta di antipasto/aperitivo alla serata, iniziata ufficialmente con la Filarmonica di Parma diretta con vibrante intensità da Valerio Galli nella Sinfonia di Norma.
Largo poi alla prima grande ospite della serata, il celebre soprano Desirée Rancatore, cimentatasi in “Casta Diva” che con la forza dell’esperienza di una lunga carriera alle spalle, sopperisce ad uno strumento meno agile e leggero di un tempo con sapiente padronanza tecnica, al servizio di una interpretazione drammaturgicamente molto espressiva e coinvolgente. Lo stesso giudizio emerge nelle successive prove della stessa, da “Je veux vivre” da Romeo et Juliette di Charles Gounod ai due duetti ossia “Già nella notte densa” da Otello (mai cantato prima) al fianco di Martin Muehle e nell’arrembante finale del secondo atto di Rigoletto, “Vendetta, tremenda vendetta”, con Federico Longhi nei panni del gobbo padre.
E proprio gli ultimi due nomi citati sono stati tra i protagonisti maggiormente apprezzati della serata.
Muehle, tenore che già aveva preso parte alla manifestazione in passate edizioni, sfoggia come sempre un impressionante timbro stentoreo, che potremmo per certi versi quasi ricondurre alla scuola “delmonachiana”, sempre ben proiettato e in grado di infiammare il pubblico tanto di slancio eroico nel “Nessun dorma” pucciniano, quanto di disperata drammaticità nel “Dio mi potevi scagliar”, ancora dall’Otello verdiano. La spiccata espressività della sua voce, ben modulata attraverso un fraseggio musicale e una dizione di estrema chiarezza convincono pienamente anche nel sopracitato duetto con Desirèe Rancatore, pur nella insidiosa gestione di mezzi vocali di tale corpo, che talvolta lasciano trasparire qualche asprezza nel porgere.
Completo e brillante, e non ci stupisce, Federico Longhi, istrionico Gianni Schicchi nel celebre “Vittoria!”, in cui arriva a coinvolgere attivamente il pubblico nella sua performance, forte della consueta solidità vocale, di spiccate doti espressive e della padronanza di una voce che si piega a svariate sfumature di fraseggio e colori. Longhi non si ferma qui però, risultando altresì convincente in “Eri tu”, da Un Ballo in Maschera, aria tra le più complete e complesse per un baritono, in quanto esigente sia di tinte e piglio drammatico, che di legati ed espressività più propriamente liriche. La chiave vincente in questi casi è il giusto mix fra una eccellente tecnica nell’uso del fiato e la necessaria sensibilità nel fraseggiare, tipica del tanto decantato “Recitar cantando” verdiano. Longhi dimostra di possedere tutto ciò, e non sfigura nemmeno nella “Vendetta” del Rigoletto.
Splendida scoperta, per chi scrive, è stata il mezzosoprano Benedetta Mazzetto, protagonista sin dall’inizio con “Stride la vampa” da Il Trovatore, eseguita con estrema efficacia espressiva, perizia tecnica e pieno controllo di una voce piena, di bel colore e perfettamente omogenea nell’emissione in tutti i registri. Notevole anche la sua resa della scena di Leonora da La Favorita di Gaetano Donizetti, ricca di sfumature e dinamiche ben cesellate.
Completa il cast dei solisti il basso Yongheng Dong, esibitosi in “Infelice! E tuo credevi”, ovvero l’aria di Silva (con annessa cabaletta) da Ernani di Giuseppe Verdi e nella “Calunnia” di Don Basilio dal Barbiere rossiniano. Il basso ha un buon timbro ma l’emissione non è sempre limpida e agevole, specialmente nel registro più acuto dove risulta un po’ sforzato. Inoltre nel frenetico incedere dell’aria rossiniana Dong tende più volte ad accelerare perdendo la perfetta sincronia con l’orchestra, costretta a inseguirlo galoppando.
Da ultimo, ma non per importanza, il contributo della Corale Verdi, preparata da Claudio Cirelli, nell’arricchire il concerto con il celebre coro degli zingari da Il Trovatore, “Gloria all’Egitto” da Aida, “Dies Irae” dalla Messa da Requiem per quanto riguarda Verdi e il Coro a bocca chiusa (a onor del vero con qualche bocca aperta) da Madama Butterfly di Puccini. Una performance complessivamente puntuale e solida, forte di una tradizione ormai indiscutibile che sfida con coraggio il passare del tempo. Da segnalare l’ottima prova di due solisti nell’incipit della “Vendetta”.
L’intero concerto ha visto suonare, come già citato, la Filarmonica di Parma, sapientemente guidata dalla bacchetta di Valerio Galli, interprete di riferimento nel repertorio pucciniano ma altresì sensibile e appassionato nel restituire al pubblico con una indubbia preparazione e un’estrema versatilità espressiva tutte le altre pagine di repertorio affrontate.
Tanti e calorosi gli applausi del Regio, gratificati in conclusione di serata da una seconda collettiva esecuzione del più celebre dei brindisi verdiani.