L’ “Orlando Furioso” di Antonio Vivaldi chiude con successo ed entusiasmo una stagione 2023-2024 da incorniciare al Teatro Comunale “Pavarotti-Freni” di Modena, segnata da produzioni di elevata qualità artistica.
Quando si vede un teatro pieno, vivo, partecipe, di questi tempi è sempre una bella notizia. Quando ciò accade in occasione di rappresentazioni di opere poco conosciute al grande pubblico, magari anche di rara esecuzione, il fatto desta ancor più gioia.
A onor del vero, va detto che a Modena risulta ancora piuttosto insolito ritrovarsi ad assistere ad un’opera con pochi spettatori in sala, complice forse una solida tradizione ravvivata negli ultimi anni da una encomiabile direzione che sta dimostrando di saper coniugare passato e futuro con scelte di repertorio variegate e la costante di un’ottima qualità artistico-musicale. Scelte che stanno portando i loro frutti, stimolando curiosità e allargando gli orizzonti del pubblico.
E così, avviene che anche una perla rara del Barocco operistico italiano, come l’“Orlando Furioso” di Antonio Vivaldi, riesca a tenere sulla sedia e a scaldare il cuore del pubblico, dai più giovani ai più anziani. Oltre tre ore di recitativi e arie pirotecniche, una trama dalla complessità disarmante, mescolanze di generi e registri vocali, una struttura e un ritmo che rispecchiando appieno il contesto storico musicale in cui si collocano, sono ben lontani dai melodrammi ottocenteschi che hanno segnato profondamente la cultura di queste terre.
Il merito è prima di ogni altro e senza alcun dubbio, della direzione di Federico Maria Sardelli, autentico specialista e riscopritore del repertorio, di cui è giustamente considerato da molti un punto di riferimento assoluto. Sua è anche l’edizione critica qui proposta, per la prima volta in tre atti con due intervalli. L’Orchestra Barocca Accademia dello Spirito Santo ha risposto al gesto netto e coinvolgente del Maestro con la necessaria vitale brillantezza e leggiadria unite ad un’estrema omogeneità e purezza di suono. Non sono mancate pagine di suggestivo abbandono, come nell’intervento del traversiere.
Alla compagine orchestrale, ricca di giovani, ha dato il suo puntuale contributo anche il Coro Accademia dello Spirito Santo, ben preparato da Francesco Pinamonti.
Il cast vocale ha convinto quasi interamente il pubblico e chi vi scrive, distinguendosi per la presenza di interpreti specialisti del repertorio.
Nel ruolo del protagonista si è distinto Yuri Mynenko, controtenore di imponente figura e dal timbro corposo ed esteso, sicuro su tutti i registri e assai efficace nel fraseggio e nell’interpretazione di Orlando.
Di grande raffinatezza e fascino si è rivelata l’Angelica di Arianna Vendittelli, tanto credibile in scena nella sua elegante avvenenza, quanto impeccabile vocalmente nel districarsi tra le insidie della parte.
Qualche perplessità l’ha destata invece una veterana come Sonia Prina, nei panni di Alcina. L’esperienza è tutta apprezzabile sul lato attoriale e interpretativo, in cui appare istrionica e padrona assoluta del palcoscenico; tuttavia, la voce risente di un’emissione non priva di qualche suono fisso e di una apparente mancanza di sostegno nelle agilità.
Inappuntabili e di estrema gradevolezza sono state le prove di Chiara Brunello, un Medoro davvero eccezionale per duttilità e cifra interpretativa, Filippo Mineccia, nei panni di un Ruggiero che ha saputo esprimere fermezza e dolcezza e Mauro Borgioni, che ha dato espressività e credibilità alla parte di Astolfo attraverso un caldo e corposo timbro baritonale.
Infine, Bradamante, interpretata con solidità da Loriana Castellano.
Lo spettacolo, firmato nella regia da Marco Bellussi, ha saputo vincere la difficile sfida presentata dalla trama dell’opera proponendo una lettura moderna ma rispettosa nella recitazione, costruita su un sistema di specchi, a sottolineare il rapporto tra la realtà e la sua distorsione, nell’intricato meccanismo di rapporti, inganni ed equivoci, tra muri che ci sono ma che non sono sempre confini definiti. Il tutto è stato ambientato nel palazzo di Alcina, vero motore e protagonista, qui raffigurata somigliante ad una sorta di Crudelia Demon. A completare le scene di Matteo Paoletti Franzato, vi erano le proiezioni di Fabio Massimo Iaquone, fondamentali nel loro alternare elementi fisici (come gli alberi) ad altri interiori e mentali (le frasi di Orlando, la sua stessa sagoma). I costumi di Elisa Cobello giocavano invece su diverse epoche, costruendo comunque un’armonia complessiva. Belle e funzionali al taglio a tratti cinematografico, le luci di Marco Cazzola.
Dunque, una degna conclusione di stagione, con una gemma vivaldiana che il pubblico ha accolto fra applausi calorosi, anche a scena aperta, per la totalità degli interpreti. Una lezione che ci insegna che di certi titoli non bisognerebbe avere paura ed anzi una riscoperta di pagine musicali e teatrali così caleidoscopiche e suggestive, andrebbe compiuta ovunque con sempre maggiore determinazione.