La stagione torinese, improntata sul centenario della morte di Giacomo Puccini, prosegue con una nuova produzione de “La Fanciulla del West”. Opera ‘difficile’ a detta di molti, in cui la melodia si spiega raramente per essere subito disintegrata in un percorso orchestrale preziosissimo che nulla ha da invidiare ai coevi poemi sinfonici e che fu particolarmente apprezzato da autori come Ravel.
La regia di Valentina Carrasco fa ricredere anche gli scettici: l’unione fra il piano teatrale e quello cinematografico (si immagina appunto che si stia girando un film, con tanto di proiezione su uno schermo posto in alto sul palco) ha una sua coerenza e non inficia la messinscena. Vi sono alcuni momenti toccanti ripresi dalle telecamere, quali la lezione di Minnie ai minatori nel primo atto, con una lunga carrellata di primi piani sui visi estasiati dei ragazzi della Polka, oppure la celebre partita a poker, in cui Jennifer Rowley e Gabriele Viviani si fanno apprezzare per le loro doti mimiche.
Sul versante interpretativo occorre qualche distinguo: la Rowley disegna una Minnie subito passionale, la voce acquista sicurezza nell’arco della serata e riesce a venire a capo di una tessitura che prevede pericolosi e improvvisi SI bemolle e DO acuti.
Roberto Aronica, che Torino vide giovanissimo in “Elisir d’Amore” e “Roberto Devereux”, si confronta col personaggio di Johnson esibendo un canto quasi sempre stentoreo raro quindi di assottigliamenti e di pianissimi che dovrebbero in certi momenti suggerire quell’idea di melanconia che infondo pervade il personaggio (si pensi alla frase finale dello splendido duetto a chiusura del primo atto). Gabriele Viviani disegna un Rance caparbio e fisico, facendo valere ancora oggi la lezione di Tito Gobbi: forse ci sarà poco fioretto ma il personaggio emerge bene in tutte le sue contraddizioni.
Un plauso a tutti i comprimari e in particolare al baritono Filippo Morace che disegna un Sonora nobilissimo: la sua frase finale, “Le tue parole sono di Dio”, vengono pronunciate con una solennità che fa quasi pensare a una versione laica del Padre Guardiano al termine della “Forza del Destino”. Francesco Ivan Ciampa è a capo di un’orchestra sempre valida ma che in alcuni frangenti necessiterebbe di un bilanciamento più accorto con le voci (si pensi al coro a bocca chiusa che impreziosisce la dichiarazione di Johnson a fine primo atto “Minnie, non piangete…” e che purtroppo qua arriva da troppo lontano).
La Sala ha tributato un buon successo anche se la Rowley avrebbe meritato qualcosa di più soprattutto alla fine della partita a poker dove ha commosso per la sua vibrante partecipazione.