Torna al Carlo Felice di Genova il capolavoro donizettiano per eccellenza: Lucia di Lammermoor.
La serata inizia forse non nel migliore dei modi, con un teatro non pieno e col sovrintendente Claudio Orazi in proscenio ad annunciare lo sciopero di una sigla sindacale a seguito di alcuni articoli della bozza della legge di bilancio 2025 che andrebbero a minare la sopravvivenza delle fondazioni lirico sinfoniche.
Sciopero lecito, ma non necessario stando alla sovrintendenza, che ha chiaramente espresso il proprio disappunto definendo tale sciopero inaccettabile, ancor più quando presentato a poche ore dalla firma del rinnovo, dopo venti anni, del contratto dei lavoratori degli enti lirici.
Cos’ha comportato l’agitazione sindacale ai fini spicci dello spettacolo? Un coro ridotto. E se inizialmente questo possa sembrare non necessariamente un problema così grande per lo spettatore/ascoltatore, merita comunque una piccola riflessione: le prove effettuate col coro completo portano alla costruzione di uno spettacolo con determinate caratteristiche ed accortezze sia a livello scenico sia, soprattutto, a livello musicale, ed un coro improvvisamente fortemente ridotto comporta il venir meno di questi rodati equilibri e non solo, anche i solisti vedono improvvisamente venir meno il prezioso appoggio che spesso il coro può costituire in determinati punti dell’opera. Merito dunque di tutti gli artisti coinvolti se la riduzione del coro è risultata essere quasi impercettibile ed inosservabile.
Passiamo ora ai cantanti solisti, iniziando con Nina Minasyan: Il soprano interprete di Lucia ha delineato un personaggio di grande effetto, dalle ottime doti attoriali, scenicamente valido e convincente. Se vocalmente inizia leggermente in sordina, risparmiandosi forse soprattutto in termini di volume, già dal primo duetto col tenore risulta più convincente, in un crescendo di interpretazione vocale che ha il suo culmine con una scena della pazzia (accompagnata da una splendida glassarmonica) da manuale, accolta da calorosi applausi.
Edgardo è stato interpretato da un fantastico Iván Ayón Rivas. Il giovane tenore peruviano, è risultato essere vocalmente ineccepibile. Il timbro è di grande pregio, con una voce pulita e squillante, acuti sicuri e sempre centrati, volume ragguardevole, grande cura delle dinamiche e del fraseggio. Senza dubbio l’interprete più convincente di tutta la serata, giustamente apprezzatissimo dal pubblico genovese.
Il baritono Franco Vassallo è un Enrico di lusso, semplicemente ottimo sia nell’interpretazione vocale sia in quella scenica, credibilissimo nei panni dell’antagonista, fratello spietato e cinico.
Ottimo anche il Raimondo interpretato dall’elegante voce del basso Luca Tittoto.
Completano correttamente il cast l’Arturo di Paolo Antognetti, l’Alisa di Alena Sautier ed il Normanno di Manuel Pierattelli.
La direzione è stata affidata al Maestro Francesco Ivan Ciampa a cui va il merito di aver gestito ottimamente i volumi tra palcoscenico e golfo mistico, senza mai far prevaricare l’orchestra sulle voci. Particolare cura dei colori e dei suoni è stata posta nei momenti più raccolti, di grande impatto emotivo. Sono emersi però alcuni problemi, seppur rari, nella coordinazione ritmica, con le voci sul palco leggermente in anticipo o in ritardo rispetto all’orchestra.
La regia di Lorenzo Mariani è certamente l’aspetto che ha creato più riserve durante la serata. Il dramma viene traslato in una Scozia degli anni ’30 del secolo scorso, ma resta il dubbio su quale sia stato l’effettivo valore aggiunto di questa trasposizione temporale, sembrando piuttosto una scelta fine a sé stessa. Nonostante non ci sia stato un vero e proprio stravolgimento della trama, è mancato però un aspetto che potesse veramente rendere curioso ed interessante l’intero concetto registico
Le scene firmate da Maurizio Balò, estremamente semplici e molto poco sorprendenti, avevano “l’innovazione” di alcuni fondali video che avrebbero sicuramente aiutato a rendere l’atmosfera più tetra, ma si sono purtroppo rivelati una fastidiosa fonte di distrazione a causa di alcuni evidenti problemi tecnici che hanno portato lo schermo ad accendersi e spegnersi più volte improvvisamente.
Molto belli i costumi di Silvia Aymonino ad ispirazione tradizionale scozzese.
Nel complesso dunque, una Lucia estremamente valida sul piano musicale, accolta positivamente dal pubblico genovese, con alcuni timidissimi dissensi verso la regia.