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Busseto, Festival Verdi: Un Ballo in Maschera

Busseto, Festival Verdi Un Ballo in Maschera - Ph Roberto Ricci
Busseto, Festival Verdi Un Ballo in Maschera - Ph Roberto Ricci

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Al “Verdi” di Busseto una nuova produzione di “Un Ballo in Maschera” con protagonisti giovani interpreti fra molte luci e qualche ombra che non spengono l’entusiasmo del pubblico 

Mettere in scena un’opera di Verdi in un teatro come quello di Busseto è sempre impresa ardua. Non tanto per l’ovvia retorica che si potrebbe costruire sul significato di questo luogo, quanto piuttosto per le sue incredibilmente piccole dimensioni, che costringono a compiere scelte musicali e registiche talvolta drastiche. Ridimensionare il tutto mantenendo l’equilibrio generale e senza intaccare una drammaturgia delicata e complessa nelle sue sfaccettature come quella de “Il Ballo in Maschera” non è certo semplice. Al Festival Verdi ci hanno insegnato negli anni che vi sono opere che più di altre si prestano ad essere rappresentate in spazi come questo ma che talvolta anche con titoli meno indicati si possono trovare soluzioni vincenti, in grado di far persino risaltare meglio certe dinamiche solitamente nascoste.

Non è  il caso di questa nuova produzione del Ballo, indubbiamente riuscita a livello generale (giudice supremo e finale è sempre il pubblico che ha decretato un trionfo) ma in cui sicuramente regia e direzione non sono riuscite a portare pienamente a casa il risultato.

L’Orchestra Giovanile Italiana, interamente composta da under30 e in un organico ridotto ai ranghi necessari, può vantare ottimi assoli (in particolare i flauti e il violoncello nelle introduzioni alle rispettive celebri arie “Morrò ma prima in grazia” e “Eri tu”), una generale buona preparazione, bel suono e poche imprecisioni (che purtroppo in contesti del genere non passano mai inosservate). Tuttavia la nota dolente risiede nella direzione di Fabio Biondi, ben noto esecutore abituale di tutt’altro repertorio, e nella difficoltà di trasmissione agli strumentisti di una lettura pienamente convincente dell’opera. A mancare sono molte sfumature ed atmosfere mentre a dominare sono i bruschi sbalzi dinamici e i rallentamenti ritmici condotti sempre con un tratto stilistico che oseremmo definire nervoso. A farne le spese è la ricca articolazione drammaturgica di scene chiave dell’opera e dei personaggi che ne sono protagonisti.

La regia di Daniele Menghini gioca sul tema del travestimento per tutta la durata dell’opera, “attualizzando” in maniera efficace e non priva di senso le vicende. Certo, non manca qualche inutile e brutta lattina di coca cola lanciata qua e là e qualche sigaretta eccessivamente ostentata ma l’idea generale è ben pensata e costruita. Per Riccardo maschere, costumi e trucco sono un veicolo di fuga dai doveri e dalla finzione dell’immagine pubblica “perfetta”, fuga in cui riesce a coinvolgere ad un tratto anche Amelia e da cui invece Renato (sempre in camicia) si mantiene distante e diffidente. La vita vera, sregolata e portata all’eccesso, dura quanto lo scoppio di un palloncino in scena e pertanto va goduta e vissuta, questo pare voler essere il messaggio che il regista ripone in Riccardo. Certo, non mancano alcune scelte che riteniamo errate, come quella di trasformare il paggio Oscar in una donna vera e propria o quella di mostrarci fin dall’inizio Amelia con in grembo suo figlio, svelando un elemento che sarebbe invece drammaturgicamente importante mostrare solo nel terzo atto. Molto efficace ci è parsa invece la rappresentazione della maga Ulrica, davvero spaventosa. Complici del risultato sono senza dubbio i costumi di Nika Campisi, che spaziano dal Seicento piratesco al contemporaneo, nonché le luci di Gianni Bertoli e le scene di Davide Signorini, intelligenti nel riciclare elementi da una scena all’altra per ovviare alla scarsità di spazio. Insomma, uno spettacolo che pur con dei limiti e qualche errore si distingue nel panorama della regia contemporanea per una realizzazione pertinente, originale, approfondita, logica e ben realizzata, senza troppi orpelli inutilmente brutti, fini a sé stessi o incoerenti con il libretto.

Venendo alle voci, tutte giovani e fresche, in alcuni casi uscite dall’Accademia Verdiana, troviamo nei panni di Riccardo il tenore Giovanni Sala, sensibile ed ispirato nel caratterizzare espressivamente il proprio personaggio e nel fraseggiare con musicalità. Il timbro è chiaro e luminoso, forse più adatto a Mozart che a Verdi ma nella piccola sala bussetana gli elementi per un Riccardo convincente ci sono tutti. Caterina Marchesini, Amelia, dimostra una solida tecnica e una voce di buon volume che le consentono una prova più che positiva. Vi sono tuttavia ancora margini di crescita per quanto riguarda il temperamento e un maggiore trasporto nelle pagine più drammatiche. Forse Amelia non è ancora un ruolo propriamente adatto alla sua giovane voce.

Splendido, nel suo giovane ma già compiuto temperamento è Lodovico Filippo Ravizza, interprete di Renato. C’è tutto quel che si può chiedere di meglio da un baritono verdiano: il timbro caldo ed argenteo, tecnica solida, emissione morbida ed omogenea, espressività nel canto e personalità sulla scena. Cosa pretendere di più?

Danbi Lee, nel ruolo di Ulrica, al netto di qualche opacità nelle note più acute è una Ulrica di grande personalità e presenza teatrale. La sua sicurezza nel canto e nel fraseggio fanno il paio con una interpretazione già matura e di livello. Pregevole la prova di Licia Piermatteo nel ruolo di Oscar, elegante e scolpito nel canto e sulla scena. Da notare la raffinatezza delle variazioni in “Saper vorreste”, con lo sfoggio di acuti e agilità ben cesellate.

Bravissimi Agostino Subacchi e Lorenzo Barbieri nei ruoli di Samuel e Tom, così come il Silvano di Giuseppe Todisco e il giudice/servo di Amelia interpretato da Francesco Congiu. Infine, il Coro del Teatro Regio preparato dal Maestro Martino Faggiani ha offerto una prova eccellente, contribuendo in modo significativo al successo complessivo, coronato da applausi copiosi e dall’entusiasmo generale dei trecento spettatori del “Verdi”.

12 ottobre 2024 – Un Ballo in Maschera – TEATRO GIUSEPPE VERDI DI BUSSETO

Musica GIUSEPPE VERDI

melodramma in tre atti su libretto di Antonio Somma
da Gustave III ou Le bal masqué di Eugène Scribe

Edizione critica a cura di Ilaria Narici.
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano.

CAST

Riccardo GIOVANNI SALA

Renato LODOVICO FILIPPO RAVIZZA

Amelia CATERINA MARCHESINI

Ulrica DANBI LEE*

Oscar LICIA PIERMATTEO*

Silvano GIUSEPPE TODISCO

Samuel AGOSTINO SUBACCHI*

Tom LORENZO BARBIERI

Un giudice/ Un servo di Amelia FRANCESCO CONGIU*

*Allievi e già dell’Accademia Verdiana

 

Direttore FABIO BIONDI

Regia DANIELE MENGHINI

Scene DAVIDE SIGNORINI

Costumi NIKA CAMPISI

Luci GIANNI BERTOLI

ORCHESTRA GIOVANILE ITALIANA

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Maestro del coro MARTINO FAGGIANI

 

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma

In coproduzione con Teatro Comunale di Bologna, Fondazione Rete lirica delle Marche.

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Grigorij Filippo Calcagno

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