Complice la notte dell’Ecce lignum crucis, corresponsabile il landscape di una Venezia gonfia di nuvoloni minacciosi e forieri di una morte santa, ma questa Messa da Requiem per soli, coro e orchestra di Giuseppe Verdi andata in scena al gran teatro La Fenice, ha lasciato indimenticabili suggestioni di grande pathos.
Sul podio uno straordinario Myung-Whun Chung che dirige e concerta con padronanza assoluta senza spartito, i soli hanno le voci: soprano Angela Meade, mezzosoprano Annalisa Stroppa, tenore Antonio Poli (che sostituisce all’ultimo Fabio Sartori ammalato) e basso Riccardo Zanellato. Il coro è del teatro veneziano diretto da Alfonso Caiani.
Conosciamo tutti la storia che accompagna questa composizione e che riguarda l’omaggio del Maestro bussetano allo scrittore Alessandro Manzoni ed il coinvolgimento musicale è così importante da entrare, di fatto, nella musica sinfonico-corale più importante del panorama italiano. Il contesto dicotomico religioso delle due figure (cattolico il Manzoni e liberal agnostico il compositore) non impedisce l’espressione completa nell’opera di un profondo travaglio nei confronti della morte e del destino trascendente di salvezza che ci aspetta.
Nel “Dies Irae” il coro è straordinario e l’esplosione del suo potente significato liturgico è all’unisono con un’orchestra perfetta nella quale i timpanisti si trasformano in settimo angelo; la resa è da pelle d’oca emozionale.
E’ leggero il tenore Poli ed ha un timbro delicato che non spinge l’apertura di voce, ma l’ “Ingemisco” è un pianto che chiede pietà e misericordia, quindi ci sta; forse un po’ meno la tenuta dei piani in altri soli.
Il basso Riccardo Zanellato ha corpo ed è brunito e rotondo. La maturità della sua voce sembra quasi lanciare un anatema nel linguaggio operistico del “Mors stupebit et natura, cum resurget creatura, judicanti responsura” ed è esaltato con il coro nel “Confutatis maledictis”.
I due veri angeli nella gerarchia della serata sono loro: Angela Meade (notevole voce verdiana nel “Libera me, Domine”) e Annalisa Stroppa, rispettivamente soprano e mezzosoprano. Veri e propri cherubini dalle voci celesti per estensioni, colorature, timbro argentino e governo nei passaggi più difficili dei pianissimi.
Nella direzione del maestro Chung si sottolinea un po’ di incedere in lentezza esecutiva nel “Lacrymosa” che qualcuno si aspetta dovesse avere la forza che appartiene alla sequenza del Dies Irae, ma io credo che un giorno di lacrime questo preveda.
Teatro pieno all’inverosimile in profusione di applausi a fine dell’opera sinfonica e corale che consacra – se non fosse avvenuta prima – l’adozione onoraria del Maestro coreano alla Serenissima Repubblica.
Per chi avesse perso questa Messa potete riascoltarla su: