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Intervista a Violeta Urmana: Il coraggio di abbattere i confini

Intervista a Violeta Urmana Il coraggio di abbattere i confini - Opera Mundus
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Nata a Marijampole, Lithuania, Violeta inizia gli studi musicali da giovanissima facendo parte di piccoli cori ed Ensembles già dall’età di 7 anni. Nonostante la timidezza le piaceva molto cantare.
Successivamente intraprende gli studi del pianoforte in Conservatorio che prosegue in Accademia, per poi ricominciare da capo con lo studio del canto a Vilnius e alla Hochschule für Musik a Monaco.
Tra il 1991 e 1993 fa parte dell’Opera Studio a Monaco di Baviera, dove ha la possibilità di debuttare in palcoscenico con piccoli ruoli ma necessari per acquisire esperienza.

Benvenuta Violeta, la prima domanda che voglio porLe riguarda proprio al ruolo che la musica ha avuto nella sua crescita.

La musica faceva sempre parte della mia vita. I miei genitori suonavano vari strumenti amatorialmente  e hanno subito esaudito il mio desiderio di suonare pianoforte. Nonostante la timidezza di allora mi piaceva cantare nei diversi cori e gruppi vocali.

Ci sono degli aspetti caratteriali che è riuscita ha sviluppare grazie allo studio del canto?

Subito dopo aver cominciato a studiare il canto avevo capito che il mio carattere doveva cambiare e la timidezza doveva sparire. La voglia di cantare era molto più grande dalla timidezza.

“Quando racconto questo alle persone non mi credono, mi hanno sempre vista sicura di me.”

Ho anche capito che gli anni di studio passavano velocemente e dovevo costruire la mia voce in maniera efficace altrettanto velocemente.  Sentivo che qualcosa mancava e allora cercavo di ascoltare qualsiasi cosa per migliorare.

E’ sempre stato importante per me fissare e scrivere la scoperte vocali, perché dopo già mezz’ora o un’ora quelle sensazioni potevano sparire.

Ed allo stesso tempo, ci sono degli aspetti innati della sua personalità che sono stati necessari per sostenere il percorso da musicista?

Non ho avuto abbastanza pazienza né interesse per diventare pianista, anche se ho completato gli studi con onore. Tuttavia, credo di avere un carattere abbastanza forte per perseverare nei miei obiettivi, se ho davvero passione e interesse per ciò che faccio. La passione per il canto mi ha spinto avanti, portandomi persino a lasciare il mio paese.

“Ovviamente non pensavo che avrei costruito questa carriera, era solo un sogno. Ma preferisco sempre provare a raggiungere i miei obiettivi.”

Perché proprio il canto e non un altro strumento, ad esempio il pianoforte con cui aveva già dimestichezza?

Ho studiato pianoforte per 17 anni, ma fin da subito ho capito che facevo troppa fatica nello studio. Per il mio carattere, non abbandono le cose che mi appassionano, ma quella non era la mia strada.

Per quanto riguarda l’Opera Studio, come ha vissuto quegli anni? Ci sono delle personalità con cui ha lavorato/ studiato che le sono rimaste impresse e che sono state utili per il suo inizio?

Appena arrivata a Monaco, dopo aver superato audizioni ed esami, mi sono trovata immersa in un’atmosfera culturale meravigliosa. Eravamo un gruppo di giovani cantanti molto affiatato. Andavamo a vedere le recite alla Staatsoper quasi ogni sera e preparavamo le nostre produzioni. La grande cantante wagneriana Astrid Varnay ha voluto assolutamente che facessi parte dell’Opera Studio. Dopo l’audizione, appena arrivata a Monaco, la Varnay mi ha anche preso come sua allieva nel corso estivo della Staatsoper, il “Münchner Singschul”, e dopo un mese già cantavo sul palcoscenico della Staatsoper con l’orchestra, eseguendo un’aria di Jeanne D’Arc di Tchaikovsky.

Lei mi ha ispirato molto riguardo a Wagner e mi ha anche raccomandata per l’audizione al Festival di Bayreuth, dove sono stata subito scritturata per “L’Anello del Nibelungo” in due ruoli secondari. All’Opera Studio interpretavamo piccole parti in diversi spettacoli. La mia prima esperienza in scena è stata nel ruolo di Sandmännchen nell’opera “Hänsel und Gretel” di Humperdinck. Non avevo alcuna esperienza ed ero terrorizzata! Quest’aria non è affatto facile… ma piano piano mi sono abituata. Dovevo abituarmi.

In quegli anni ho incontrato molti cantanti e direttori d’orchestra famosi, con i quali ho poi lavorato in vari teatri. Era un sogno! Ogni mattina mi svegliavo felice.

In Germania sono arrivata con un vocabolario di circa 1000 parole e non parlavo ancora la lingua. Dopo due mesi già parlavo tedesco. Grazie allo stipendio mensile avevo la possibilità finanziaria di partecipare ad audizioni e concorsi.

“Non ho mai avuto le difficoltà per la mancanza di soldi.”

Inizia la carriera come Mezzo-soprano acuto drammatico e successivamente cambia passando al registro di Soprano nel 2003 con Andrea Chenier al Wiener Staatsoper ed approdare a ruoli d’eccellenza quali Aida (Teatro alla Scala), Isolde (Roma),Leonora de La Forza (Londra) ma anche Sieglinde, Lady Macbeth, Tosca, Norma, collaborando con nomi internazionali come Abbado, Muti, Barenboim, Chailly, Thielemann, Mehta, Maazel…

Ciò che personalmente mi colpisce del suo percorso è la naturalezza e la spontaneità con la quale ha affrontato i cambi di repertorio. In un Mondo come quello odierno nella quale risulta normale e giusto categorizzare le voci, Lei semplicemente ha ascoltato cosa era giusto per sè e lo ha proposto coraggiosamente a chi la ascoltava.

Dopo aver studiato per quattro anni come soprano, mi è stato consigliato di cambiare registro, ma preferivo il registro più acuto, in cui mi affaticavo meno. Ho iniziato con ruoli come Eboli e Kundry, per poi passare a ruoli più acuti.

Devo ringraziare teatri come la Wiener Staatsoper e il Metropolitan Opera, e molti altri successivamente, che hanno creduto nelle mie capacità. Anch’io sentivo il potenziale della mia voce e non ho esitato a seguirne lo sviluppo. Finalmente potevo seguire le orme dei miei modelli preferiti: Callas, Milanov, Sutherland, Scotto, Traubel… I miei idoli sono sempre stati i soprani.

Già prima di iniziare a studiare canto conoscevo molte opere e registrazioni, dai tempi di Caruso, Ruffo, Ponselle, Muzio e tanti altri. Nonostante i tempi bui dell’era sovietica, avevamo la possibilità di ascoltare sia registrazioni storiche che quelle più recenti nella biblioteca nazionale.

Per quanto riguarda le categorie vocali, credo che ogni voce sia unica e debba scegliere il repertorio più adatto. Ci sono voci ben definite che cambiano poco nel corso della carriera, e altre che superano i limiti, evolvendo non solo all’interno della propria categoria, ma trasformandosi da mezzosoprano a soprano e viceversa.

Per questo è fondamentale avere una solida preparazione tecnica. La voglia di avere una carriera straordinaria a tutti i costi può essere dannosa. Finché si hanno tutte le note e si riesce a cantare senza fatica, significa che il ruolo è adatto.

Ma è stato realmente così facile? Quali sono sono state le sfide di riproporsi in panni nuovi? Tra l’altro con ruoli quali Aida, Isolde, Leonora…

La voce non va violentata. Se deve succedere il cambio di registro, deve succedere naturalmente. Una volta che viene proposta una parte, bisogna vedere la tessitura, le dimensioni (una Isolde equivale a due Aida e ancora un terzo!). Provando per la prima volta, già si devono avere tutte le note necessarie; se no, è meglio lasciare stare. Cantare da mezzosoprano è diverso che cantare da soprano, nonostante la tecnica.

Ma sono la musica e la scrittura delle parti che dettano queste differenze. Le parti sono molto differenti tra loro, anche nella loro stessa categoria. Aida e Leonora sono molto diverse. Leonora è più drammatica e non ha neanche un do. Aida è quasi più lirica, ma nell’insieme ha molto da fare. Isolde, come molte parti wagneriane di soprano drammatico, cresce dal registro mezzosopranile, che deve essere tecnicamente molto ben sviluppato, ma poi deve affrontare un’orchestra molto densa e ci vuole un volume adeguato per non rischiare troppo. Poi, Isolde è molto diversa dalla Brunnhilde…

” La voce non va violentata. Se deve succedere il cambio di registro, deve succedere naturalmente. “

In precedenti interviste parla dell’importanza di trovare la propria idea di suono e quindi del canto, in altre parole essere Maestri di sè stessi, capire a quali cantanti ispirarsi e qual è la direzione che illumina il proprio percorso.

Secondo me, si deve avere un’idea di come deve essere la propria voce, capire le mancanze e cercare di risolverle. Poi, bisogna percepire da musicista quale colore di suono è necessario per una particolare parte. Elisabetta non è una Norma, né Aida o Amelia. Questo è il mio modo di vedere le cose. Non parliamo della musica di J.S. Bach, Gluck, Schubert o Mahler… La voce deve essere capace di tutti i colori necessari. Così lo vedo io. Poi ciascuno deve percepire le proprie potenzialità in modo sincero, senza ambizioni, e seguire la strada per realizzare una visione. Secondo me, l’insegnante può consigliare e avere ragione, ma anche un sano dubbio deve avere spazio. Il cantante deve sapere dove vuole arrivare e nessuno potrà farlo deviare dalla sua strada. Se il cantante non sa dove vuole arrivare e cosa vuole raggiungere, può essere danneggiato. Per me, una bella voce è una voce tecnicamente a posto. Questo aspetto di saper riconoscere gli strumenti tecnici giusti fa una parte importante del talento del cantante.

Quale idea c’è dietro il suo modo di cantare? Qual è la direzione che l’ha ispirata ed illumina ancora oggi il Suo percorso?

È una domanda difficile. Noi cantanti a volte usiamo descrizioni strane del processo. Il mio ideale e l’idea del canto è un’emissione pulita senza impedimenti. Siccome la voce cambia con l’età e il repertorio, le ricerche non finiscono mai finché si canta. Con il passare del tempo, capisco sempre di più della tecnica, solo che dopo 30 anni di carriera la voce non ha la stessa freschezza. Ma non fa niente, ogni scoperta è una gioia!

So che Lei è una fan di Maria Callas, cosa Le affascina di una personalità e vocalità così unica e dalle tinte contrastanti?

Ecco il testo corretto:

“Ho deciso di diventare cantante dopo aver scoperto la Callas. Avevo 16 anni. Il suo canto mi sembrava perfetto. Mi affascinava la forza espressiva del suo canto. Negli anni successivi, cantando le parti che cantava lei, ho capito che non potevo usare la mia voce nello stesso modo senza danneggiarmi. Tuttavia, mi ha sempre ispirato per i colori autentici nel tessuto musicale.”

Nel suo vastissimo Repertorio spiccano autori italiani, tedeschi, russi. In particolare, una propensione per i ruoli Verdiani e Wagneriani. Cosa differenzia questi due grandi autori dal punto di vista interpretativo-stilistico e di approccio vocale?

Con il russo ho cominciato qualche anno fa e sto scoprendo tante parti interessanti in questo periodo della carriera. Sono contenta di conoscere bene questa lingua. Mi piace cantare anche in francese. Mi piacciono molto Berlioz e Gluck. Ma più di tutto ho cantato in italiano e tedesco. Devo dire che cantare Verdi è più difficile che cantare altri compositori italiani. In Verdi non si può cantare male nemmeno una nota; l’imperfezione è subito percepita, anche da chi è inesperto.

Le differenze linguistiche hanno un impatto sull’idea vocale di cui parlavamo prima?

Ciascuna lingua ha la sua melodia e i suoi accenti ed è molto importante farlo nel modo giusto. Parlo tedesco, italiano e anche russo, e qualche imprecisione può capitare. La tecnica vocale rimane la stessa.

Prossimamente la vedremo impegnata a Salisburgo nel ruolo di Babulenka nel The Gambler di Prokofiev con Timur Zangiev e Peter Sellars ed ne la Masterclass rivolta ai giovani ragazzi selezionati per il YSP 2024, con i quali condividerà il palco.
Partiamo da The Gambler – titolo d’impatto che racchiude una storia nella quale le persone non sanno sottrarsi al demone del gioco e del denaro cedendo sempre più ad una spirale di avarizia e bramosità.

Infatti, il gioco come altre dipendenze distrugge le vite delle persone.

Quali sono i sentimenti che muovono le fila del Suo personaggio?

Ci sono tantissimi sentimenti in gioco nei rapporti con gli altri personaggi: la forza della vita vissuta e la fragilità, il bisogno di affetto sincero, la disperazione per un fallimento completo e inaspettato. Le lezioni di vita non finiscono mai a ogni età. Ogni azione nella vita apre una strada e, a volte, ti porta fuori percorso. Questo potrebbe essere un ammonimento di quest’opera.

Qual è il ruolo del Teatro oggi? Secondo lei più di constatazione sociale o di ammonimento e lezione?

“I valori si imparano dalla famiglia. Ma il Teatro, che rispecchia diversi aspetti della società, fa riflettere.”

L’opera, in particolare, perché le parole hanno un tessuto musicale che fa scoprire tante sfaccettature delle emozioni.

Come si sente in veste di docente? Cosa pensa potrà trasmettere ai ragazzi? Cosa pensa possa ricavare invece Lei da questa esperienza?

Penso che, come pianista, musicista e cantante, possa aiutare i giovani non solo a risolvere alcune difficoltà tecniche, ma anche a fornire suggerimenti sull’interpretazione in senso musicale, stilistico e linguistico. Propongo idee che devono essere esplorate e comprese, e che nel tempo possono portare buoni risultati. A volte ci vuole anche qualche decennio – mi è capitato. Le idee possono essere comprese male o non realizzate pienamente e non portare il risultato voluto, e può sembrare che non funzionino. Qui sono importanti la perseveranza e la disposizione a mettere in discussione ciò che si faceva prima. Questo fa riflettere anche me sulle idee tecniche, rinforza metodi forse un po’ dimenticati e spesso fa scoprire qualcosa di nuovo. Quando si è in carriera, è fondamentale adeguarsi ai cambiamenti della voce e del nuovo repertorio.

Ringraziamo di cuore il iCharm PR Agency per la loro preziosa collaborazione e supporto. La vostra disponibilità e assistenza sono state fondamentali per la realizzazione di questa intervista. Grazie di cuore!

Valentina Corò

Nasce a Venezia nel Dicembre ’94. In seguito agli studi in Canto Lirico presso il Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, viene ammessa nel programma YAP del Maggio Musicale Fiorentino dove debutta nei panni di Senta nel Der Fliegende Holländer di R. Wagner con Venti Lucenti; successivamente lavora con nomi di fama internazionale quali Zubin Mehta, Daniel Harding, Marco Armiliato, Francesco Ciampa, e Davide Livermore, La Fura dels Baus e condividendo il palcoscenico con cantanti quali Javier Camarena, Lise Davidsen, Saioa Hernandez, Mariangela Sicilia, Piero Pretti, Rosa Feola, Nicola Alaimo e molti altri. Contemporaneamente si laurea presso l’Università Ca’ Foscari in Economics & Management, successivamente ottiene la specializzazione in Arts Management e nel 2024 il master in Gestione della Risorse Umane (HRM), People Management. Si considera una personalità fortemente eclettica e curiosa, con un profondo interesse per tutto ciò che contraddistingue il raggiungimento dell’eccellenza in ambiti artistici, sportivi, e di team.

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