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Intervista a Giampaolo Bisanti: “Il Direttore? Non è altro che un carismatico traghettatore di idee …”

Intervista esclusiva al direttore Giampaolo Bisanti - Opera Mundus
Intervista esclusiva al direttore Giampaolo Bisanti - Opera Mundus

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Nato a Milano nel 1972 e cresciuto a Bresso, Giampaolo Bisanti è il primo di undici figli e parla della sua famiglia riecheggiando un immenso calore domestico.

Ricorda il padre, correttore di bozze per Garzanti, con profonda gratitudine e stima nei confronti dei sacrifici ed il coraggio di partire da Taranto con una valigia di cartone e un enorme amore per la lirica, amore che fortuitamente è stato trasmesso nel DNA del figlio.

Un’infanzia fra letti a castello, spartiti Ricordi, lo Zecchino d’Oro ed i valori cristiani di fede, rispetto, solidarietà che lo accompagnano verso il suo destino: la Direzione D’orchestra.

Oggi Giampaolo è il Direttore Musicale dell’Opèra Royal de Wallonie di Liégi e vanta prestigiosi debutti e collaborazioni internazionali, tra cui La Scala, il Regio di Torino, la Fenice di Venezia, il Petruzzelli di Bari, Carlo Felice di Genova, Maggio Musicale Fiorentino, Deutsche Oper Berlin, Royal Opera House di Stoccolma, Dresden Semperoper, Opernhaus Zurich, Liceu di Barcelona, Bayerische Staatsoper di Monaco.


 

Benvenuto Maestro Bisanti,

la ringrazio per il nostro incontro e l’opportunità di poter far conoscere qualcosa in più del Suo percorso e personalità Off-Stage al pubblico.

Vorrei iniziare la nostra chiacchierata indagando proprio sugli anni della sua infanzia- crescita e formazione.

Si ricorda il momento in cui si è innescata questa passione prorompente per la Musica, la Direzione e l’Opera?

Certo, me lo ricordo perfettamente e grazie per la domanda ma faccio una piccola premessa.

Vengo da una storia di vita comune ma con una particolarità, mia mamma è nata e cresciuta in Venezuela e per un gioco del destino incontra mio padre a Milano e dopo sei mesi decidono di sposarsi. Una storia abbastanza strana anche perché in seguito sono nati undici figli anche per una vocazione religiosa molto profonda di mio padre.

La mia passione per la musica nasce in questo contesto famigliare ed in particolare dalla naturalezza con cui mio padre cantava, aveva infatti un’ottima voce tenorile direi quasi alla Del Monaco e cantava in qualsiasi momento della giornata ed in qualsiasi luogo! Aveva un vecchio pianoforte verticale ed una serie infinita di spartiti canto-piano Ricordi con la copertina color prugna e le indicazioni riguardanti alla parte tenorile. Ecco, io sono stato catturato da queste note!

Ricordo anche che mia nonna organizzò con mia zia una gita a Vienna ed io dissi a mia nonna che volevo imparare a suonare il Sassofono ma mi dissero che ero troppo piccolo e che avrei dovuto iniziare dal clarinetto, all’epoca non sapevo neanche cosa fosse! Comunque, d’istinto andai da mio padre e gli dissi che volevo imparare a suonare e lui fece le rate per comprarmelo, parallelamente iniziai a studiare da solo il pianoforte con le dispense Suono subito fino al momento in cui sono stato ammesso al Conservatorio ed ho iniziato il mio percorso curriculare.

Molto interessante la sua introduzione, soprattutto il collegamento con la voce ed il fatto che Lei parte da uno strumento a fiato. Percepisco quindi una forte connessione fra il canto, il respiro e la Sua …

Si e lo reputo fondamentale per un direttore d’orchestra.

Aver studiato clarinetto a livelli alti anche in contesti di musica d’insieme da Camera ed in Orchestra mi ha permesso non solo di imparare a collaborare con gli altri ma anche di imparare la tecnica del fiato basata sull’utilizzo del diaframma e l ‘appoggio come di fatto lo è nel canto.

 

Ed immagino che con questo tipo di preparazione a 360°, infatti nella biografia parla anche dello studio del pianoforte e della composizione, Le abbia dato una visuale più ampia e periferica della musica e riuscire ad assottigliare la distanza fra buca e palcoscenico.

Certamente! Quando parliamo di Opera Lirica parliamo di bidimensionalità, un conto è un Direttore che si impone ad un agglomerato di musicisti che hanno una loro professionalità e suono, un conto è fare Opera e quindi essere servitore della dimensione del palcoscenico quindi relazionarsi anche ai pregi, i difetti, alle possibilità del cantante che vanno supportate.

 

La Collaborazione con i registi risulta quindi fondamentale per come Lei vive la professione del Direttore d’Opera?

Assolutamente e ti dico una cosa, fin quanto è possibile nella mia agenda, io soprattutto nelle nuove produzioni che nascono ex-novo e 

“ … voglio essere presente dalla prima prova di regia per instaurare un’osmosi e per vagliare e suggerire emendamenti a diverse criticità … ”

che posso nascere in corso d’opera nella produzione e che vadano incontro ad una tranquillità nell’emissione.

 

Ci tenevo a farle una domanda, il Direttore è sempre visto come Leader, ed infatti personalmente trovo che un aspetto molto sfidante della Vostra professione e del Vostro progetto sia quello di essere dei comunicatori efficaci.

Lei pensa che sia un aspetto innato oppure è qualcosa che si impara nel tempo?

Io non uso la retorica, infatti, il termine Leader non mi è mai piaciuto, faccio una piccola digressione a riguardo.

Nei Conservatori ai tempi di Muti, Chailly, si studiava Composizione e Direzione d’orchestra in un unico modulo, più tardi è stata inserita singolarmente la Direzione pressoché inutile in assenza di un’orchestra con cui poter lavorare. La Direzione, quindi, è di per sé una disciplina recente, la vera svolta è stata nell’era Toscaniniana dove il direttore si è imposto come un leader, un traghettatore che trasmette le proprie idee.

Oggi? Il direttore deve essere competente, professionale, non creare problemi ma soprattutto velocizzare il processo, anche perché ha a che fare con compagini orchestrali e corali estremamente preparate.

” Quindi per me il direttore deve imporsi come carismatico traghettatore, una persona che guida senza disturbare e che si affida ai musicisti e trasmette quasi senza parlare le proprie idee a livello espressivo e di lettura musicale. “

Soprattutto nel contesto estero odierno dove spesso le riprese vengono fatte quasi senza prove! A Vienna sono spesso entrato in buca senza aver mai visto i musicisti ed i cantanti e questo dà la tara del carisma e della professionalità del direttore.

Soprattutto nel contesto estero odierno dove spesso le riprese vengono fatte quasi senza prove! A Vienna sono spesso entrato in buca senza aver mai visto i musicisti ed i cantanti e questo dà la tara del carisma e della professionalità del direttore.

 

Ha toccato un punto molto interessante riguardante i Conservatori, Lei nelle precedenti interviste parla della figura di Marcello Abbado che è stato, all’epoca dei Suoi studi, Direttore del Conservatorio di Milano e dava moltissime occasioni ai giovani di gavetta, occasioni che oggi risultano scarne e

Cosa consiglia ad un giovane che vuole intraprendere questa carriera?

Marcello Abbado, fratello di Claudio, ed è stato uno tra i più importanti Direttori del Conservatorio di Milano, se non ricordo male ha iniziato nel ‘72 ed ha terminato il mandato poco prima del mio Diploma. Abbado ha avuto nei miei confronti quella predisposizione che io stesso ho deciso di abbracciare negli ultimi anni, ossia quella di individuare il talento e sostenerlo. Pensa che mi ha ceduto a titolo gratuito il clarinetto basso del Conservatorio per i concerti che avevo in programma e in molte occasioni mi ha fatto dirigere l’orchestra dei Pomeriggi Musicali e di andare in Giappone a Kyoto.

La differenza tra ieri ed oggi per chi vuole intraprendere questa delicatissima, opinabilissima e difficilissima professione, è abissale per questione storiche ed anche pragmatiche. Il me di 22, 23 anni ha avuto la possibilità di fare la gavetta che è fondamentale per sviluppare gli aspetti “artigianali” tecnici, musicali, espressivi che puoi fare solo davanti un’orchestra, testando la reazione al tuo gesto.

Fondamentale è stato trovare dei mentori che mi hanno dato la possibilità di arrivare sul podio per poi però cavarmela da solo. Oggi quella possibilità è quasi arrivata a zero, io ho lavorato a Bassano, Treviso, Spoleto….situazioni nelle quali si provava anche per un mese. Adesso, costa tutto molto di più e si riducono le prove.

Questa è la maggiore sfida epocale.

 

Nel 2016 è stato nominato Direttore Principale della Fondazione Petruzzelli di Bari e successivamente nel 2022 la nomina di Direttore Musicale dell’Opera a Liége.

Ci racconti qual è stato l’impatto che Lei ha avuto nel Teatro e quali sono stati i progetti ed il filone che hanno guidato il suo?

Nel 2016 sono stato chiamato dalla Fondazione del Teatro Petruzzelli per dirigere una Tosca, non ci ero mai stato. Devo dire che ho trovato subito un feeling particolare con l’orchestra ed infatti dopo la produzione, il Sovrintendente Biscardi mi ha proposto la posizione e per me è stato un traguardo eccezionale. Da quel momento ho iniziato a decodificare il ruolo del Direttore Musicale, che non è quello del direttore che ha la responsabilità di dirigere più Opere e progetti, ma è colui che vive la quotidianità (astratta) del Teatro e si assume la responsabilità della qualità dell’orchestra e di lavorare in linea con la Direzione Artistica.

La stessa cosa ho fatto a Liége trovando un’orchestra che si stata rinnovando e con la quale avevo già lavorato da ospite, un’orchestra che ho abbracciato e con cui sto facendo un lavoro intenso in coordinazione con Stefano Pace, direttore generale. Nuovo repertorio, non solo italiano, eclettico ed a lungo raggio ed inoltre ogni mese e mezzo lavoro con l’orchestra sul suono, sull’insieme, sull’intonazione, sul vibrato per assicurare il massimo livello; questo avviene anche per i cantanti ed allestimenti. Una cosa che rende molto orgogliosi è che abbiamo una percentuale di riempimento del 94% e che siamo stati nominati per la rima volta agli International Opera Awards.

Sta quindi lasciando una sua firma, la sua identità nel suono dell’orchestra?

Certamente, ho trovato un’orchestra che aveva bisogno di lavorare, di essere spinta in avanti ed è una cosa molto importante perché a Parigi, Vienna, Monaco.. hanno compagini molto preparate che non hanno bisogno della stessa carica ma di altro.

” Io invece ho lavorato con orchestre molto preparate ma che avevano bisogno di trovare un loro sbocco identitario. 

Trovo molto coraggioso ed interessante l’idea di affrontare repertori diversi da quello italiano, diciamo che “ la aspettano” all’estero!

Viva Dio che gli italiani possano dimostrare anche in un repertorio che non è il loro!

C’è sempre un po’ di sospetto.

Già il Petruzzelli mi diede la possibilità di debuttare un’opera francese ossia il Werther con una sua forte identità, anche Dresda mi ha concesso una nuova produzione di Berlioz, Benvenuto Cellini dopo tanti anni di proficua collaborazione.

Sempre al Petruzzelli, il mio primo Wagner ossia l’Olandese Volante che ha delle caratteristiche Wagneriane giovanili.

Ho ascoltato Wagner in tutte le salse stando in Germania e confrontandomi con direttori tra cui Thielemann ma è ovvio che a Gennaio io affronterò il mio primo Tristano e Isotta e mi sento carico di responsabilità.

Ma sono pronto ad abbracciare un repertorio non solo italiano.

 

Le faccio una domanda fuori dal pianificato che mi è sorta sentendola parlare, quanto è importante saper dire no?

Percepisco che è arrivato a degli step della sua carriera tramite un percorso, quanto è importante saper riconoscere il momento giusto?

Chi dice di no siamo io e il mio agente in perfetta alchimia, anche perché è lui che dal 2007 ha guidato la mia carriera. Ci sono due filoni: perché dire no, quando e dove e parallelamente quando dire no a priori. Io ho fatto veramente un excursus graduale dalla provincia, ai concorsi fino ad arrivare agli Enti lirici italiani ed infine nei grandi Teatri Internazionali. Nel 1997 Renzetti mi disse: Devi imparare a dire di no!

Nel ’97 non avevo carriera, per cui non potevo capire.

Nel corso del tempo ho capito che determinate sfide non erano affini, ne congeniali, e che il direttore d’orchestra non può dirigere tutto, questo ad esempio è ovvio nel canto. Risultato per cui ci sono state diverse occasioni in cui noi ( io e il io agente) abbiamo detto no, non siamo pronti.

Il no è spesso sintomo di intelligenza.

Arriviamo al debutto forse più importante della Sua carriera ossia quello al Teatro alla Scala a Marzo 2022, con una perla del Verismo, ossia Adriana

Si, cosa poter dire? Milanese, studiato a Milano, vissuto a Milano e ho frequentato la Scala fin da piccolo con papà. A 14 anni vado in loggione a sentire Abbado con i Wiener ed ho avuto la fulminazione per la Direzione ed infine ricevo, io, la chiamata da Dominique Meyer.

Non potevo crederci! Il primo Teatro al Mondo…

Sono arrivato alla Scala con grande serenità e calma, io e te Valentina, conosciamo Gianni Tangucci che un giorno mi ha detto:

“Qualsiasi appuntamento prendilo sempre con normalità e tranquillità, tu devi avere sempre le stesse caratteristiche.”

Io ho debuttato Adriana alla Scala ed è stato un grande successo, infatti a quella sono seguite altre produzioni ed in tre stagioni ho fatto cinque titoli, lo dico con estrema gioia.

 

In questa occasione ed anche in quelle successive ha modo di collaborare con cantanti molto esposti, come Agresta, Kutasi, Maestri, Yusif Eyvazov, Elina Garanča, Amartuvshin Enkhbat.

E’ più facile lavorare con cantanti più giovani o con cantanti di questa fama?

Bella domanda. I cantanti di questa fama sono cantanti a cui non hai nulla da insegnare, io ho lavorato veramente con tutti ed ho trovato grandissime personalità e quindi rispetto il giovane con cui devi lavorare e lasciare un insegnamento, è doppiamente stimolante perché puoi comunicare delle intenzioni ed interagire con le loro.

“ Non sono inattaccabili ed anzi più sono grandi più assorbono richieste razionali e le fanno anche loro. ”

È bello ascoltare Elina Garanča che esegue Santuzza con delle tue indicazioni. Con Tèzier sono stato fiero e grato di lavorare il Macbeth a Barcellona e di poter indagare con lui sulla scrittura verdiana, piccole cose ma ci sono state.


Spesso i cantanti parlano di direttori e registi che sono stati importanti per la loro carriera.

C’è un solista, un cantante, un regista con cui si è trovato particolarmente in sintonia?

Domanda molto difficile.

Non ti parlo di cantanti perché ho avuto esperienze meravigliose e non posso anteporre qualcuno piuttosto che altri, come per gli strumentisti. Con i registi devo dire che è stato illuminante l’incontro con Graham Vick a Lisbona per Anna Bolena, un uomo che aveva tutto a memoria, con le idee chiare, severo ma rispettoso e che soprattutto dava indicazioni teatrali, stilistiche.


Nel tempo libero la passione per la moto, rigorosamente Ducati, ed il volo. Ma ha tempo per dedicarsi a queste passioni?

No (ride), ma ho avuto la passione per le moto da quando avevo 6 anni sempre grazie a mio padre che mi comprò una piccola moto con il motore a scoppio che si chiamava Cimatti e di nascosto andavamo nei pressi del cimitero di Bresso.

Da quel momento ho avuto 125, Vespa ed altre fino alla Ducati.

Ho dovuto smettere per la professione, se cado rischio di farmi del male e rischio di non poter dirigere.

Però contemporaneamente ho sviluppato la passione per l’aereonautica ed ho approfittato del periodo Covid per iniziare le lezioni a Lugano, esperienza che ho trovato positivamente lancinante perché nel momento del decollo tu provi sensazioni indescrivibili.

Terminato il Covid ho ripreso la professione ma prometto che terminerò le ore necessarie per avere la licenza di pilota privato.

L’aereo, come la musica, sente la tua personalità!

Valentina Corò

Nasce a Venezia nel Dicembre ’94. In seguito agli studi in Canto Lirico presso il Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, viene ammessa nel programma YAP del Maggio Musicale Fiorentino dove debutta nei panni di Senta nel Der Fliegende Holländer di R. Wagner con Venti Lucenti; successivamente lavora con nomi di fama internazionale quali Zubin Mehta, Daniel Harding, Marco Armiliato, Francesco Ciampa, e Davide Livermore, La Fura dels Baus e condividendo il palcoscenico con cantanti quali Javier Camarena, Lise Davidsen, Saioa Hernandez, Mariangela Sicilia, Piero Pretti, Rosa Feola, Nicola Alaimo e molti altri. Contemporaneamente si laurea presso l’Università Ca’ Foscari in Economics & Management, successivamente ottiene la specializzazione in Arts Management e nel 2024 il master in Gestione della Risorse Umane (HRM), People Management. Si considera una personalità fortemente eclettica e curiosa, con un profondo interesse per tutto ciò che contraddistingue il raggiungimento dell’eccellenza in ambiti artistici, sportivi, e di team.

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