Tutta la cinica ruvidezza di Cocteau traspare senza filtro alcuno nella messa in scena di Gianmaria Aliverta al Teatro Sociale di Rovigo della tragedia lirica in un solo atto LA VOIX HUMAINE.
E tutta la musica di Francis Poulenc straordinariamente tagliente nella drammatica esecuzione del solo pianoforte del Maestro Davide Cavalli, ne coglie la devastazione emotiva che attraversa la donna in preda alla repentina e pericolosa depressione che la vede incapace di superare la troncata relazione sentimentale con un uomo-amante che continua a chiamare “chéri”, al quale continua a dire “je t’aime”.
Attanaglia e chiude la bocca dello stomaco la fragilità viscerale che emana questo amore che oggi chiameremo “tossico” e che viene consumato, in una attualità sconcertante, unicamente attraverso quel device dei tempi moderni che è il cellulare.
Negli anni ’50 Cocteau aveva già previsto l’esasperata solitudine relazionale che il telefono e le spire del suo filo avrebbero portato con sé ed Aliverta, non a caso – che cura regia, scene e costumi – afferra il senso del vuoto amplificando l’asettica ambientazione di una sala d’attesa ospedaliera dove il filo di una fleboclisi, che tenta di essere salvifica in un tentativo di suicidio, verrà interrotto da un definitivo sparo di pistola.
Il regista ne parla con noi di Opera Mundus:
Muore questa donna, per tutti una qualsiasi senza nome: “Elle” e basta. Lei soccombe alla schizofrenia di un devastante delirio indotto dall’uomo–amante invisibile (immaginario?) dall’altra parte del telefono. Elle si spezza alle sue menzogne, alla sua indifferenza, al suo egoismo e Poulenc musica questo dramma in suoni sorprendenti; coglie spigoli, paure e fragilità senza via d’uscita e tutti i colori di questa descrizione escono dalle abili mani di Davide Cavalli che parlano sulla tastiera del pianoforte.
Julie Cherrier-Hoffmann interpreta in modo sublime e struggente “Elle”. La sua vocalità è variegata e densa di espressività, il suo fraseggio – facilitato da madrelingua francese – è impeccabile, chiaro e pulito, i cambi di registro agili e belli. Per quasi un’ora ti racconta il suo turbato tormento: esprime trilli, acuti, recitativi sussurrati e scatti repentini di tono accompagnati da una presenza scenica davvero elevata. La sensualità, il delirio, la supplica o l’ira che la Cherrier-Hoffmann esprime in scena, trascinano lentamente nella profondità del baratro del fallimento sentimentale nel quale Elle cadrà.
Sola, e il mondo intorno non sa, o forse non se ne cura. Come spesso accade anche oggi.
Il pubblico, compreso nell’emozione, riflette e applaude partecipe uscendo lentamente dal teatro.
Fuori, Rovigo piena di lucette, dice che è Natale: auguri!