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Buona la Prim(in)a! “La Forza del Destino” appassiona i giovani nell’Anteprima Under30 alla Scala

Buona la Prim(in)a! “La Forza del Destino” appassiona i giovani nell’Anteprima Under30 alla Scala - Ph Brescia e Amisano - news Opera Mundus
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C’è l’atmosfera delle grandi occasioni alla Scala di Milano per l’Anteprima riservata agli Under30 de “La Forza del Destino”. Tra abiti eleganti, influencers, interviste alla tv, in un Piermarini da sold out si fa sul serio e le quasi quattro ore di musica entusiasmano giovani accorsi da ogni dove. Il primo autentico, sano, spontaneo verdetto spetta a loro: 11 minuti di applausi e ovazioni al termine.

Tradizione ormai consolidata, quella della cosiddetta “primina” per i minori di 30 anni è un’iniziativa lodevole che sempre più teatri stanno sperimentando e che La Scala può affermare con orgoglio di aver portato al successo. Al punto che anno dopo anno sempre più ragazzi da Milano, dall’Italia e dal resto del mondo nella fatidica data di ottobre in cui vengono aperte le vendite online, armati di pc o cellulare fanno a gara per accaparrarsi un posto. Il premio in palio è di tutto rispetto: un biglietto a soli 20 euro (indipendentemente dal posto) per quella che è a tutti gli effetti una recita completa dell’opera inaugurale, tre giorni prima della “Prima”, ben meno sostenibile, che tutto il mondo attende trepidante. Chi si abbona, e sono sempre di più i giovani a farlo, ha la prelazione ed è anche per questo che il tutto esaurito viene bruciato in pochi minuti.

Poco importa se l’opera presentata quest’anno sia un titolo tutt’altro che noto al più dei giovani d’oggi, cinto dalla poco felice fama di portare sfortuna e soprattutto della durata di quasi 4 ore: il richiamo e il fascino che il tempio della lirica esercitano sono irresistibili e se per qualcuno l’occasione è quella di sfoggiare abiti sfarzosi e provare il brivido di emulare i vip di Sant’Ambrogio, per tanti altri è una straordinaria opportunità per avvicinarsi al mondo della lirica e di Verdi, continuare a coltivare una passione già nata in casa o in una scuola di musica, vedere e sentire con i propri occhi artisti di prim’ordine, ammirare la maestosità della grande sala.

Insomma, tra le migliaia di giovani che anche quest’anno accorrono all’anteprima c’è davvero di tutto: da chi è stato convinto dal/dalla fidanzato/a, a chi sogna o sta coltivando un presente e un futuro da artista o studioso di teatro, dagli appassionati ai completi neofiti, dal milanese al coreano, dal singolo ai grandi gruppi e alle associazioni in trasferta.

Una pacifica invasione, una ventata di spontanea, fresca, talvolta persino ingenua curiosità per alcuni, di genuina, autentica, viscerale passione per altri.

All’entrata televisioni e giornali si aggirano nell’elegante atrio catturando aspettative sullo spettacolo e concedendosi un po’ di buona dose di cronaca mondana “da Prima” nel raccontare i ricchi abiti e gioielli indossati. Non mancano felpe e sneakers ma è sicuramente l’eleganza a farla da padrona. Un’eleganza che piacevolmente si distingue per essere decisamente più fine di certe pacchianate cui siamo abituati alla Prima. C’è chi si concede un primo calice di spumante, chi mette le mani avanti e opta per un caffè e chi inizia a prendere posto.

Alle 18 spaccate la sala è stracolma e il Maestro Chailly fa il suo ingresso dirigendo l’Inno Nazionale, per non far mancare nulla a quello che sembra un 7 dicembre rigenerato da volti puliti, emozionati e impazienti di farsi rapire molto più dalla magia dell’opera che dai gossip e dai paparazzi di qualche media.

Chi si aspetta una classica recensione di questa Forza del Destino si sarà già accorto che non è nel posto giusto, questo articolo intende piuttosto raccontare l’anteprima under30, lasciando il commento allo spettacolo in sé ad una delle rappresentazioni a cui Opera Mundus assisterà nuovamente nel mese di dicembre.

Nessuno “spoiler”, dunque, ma nel primo intervallo la curiosità ha visibilmente già lasciato spazio all’emozione, alla voglia di confronto, di condivisione di opinioni, di riflessione, tra un sorriso e uno sguardo di stupore. Ecco che anche i giornalisti, bramosi di confezionare articoli e servizi cominciano a raccogliere le prime impressioni, dando sfogo e dimostrazione di quanto il teatro sia straordinario strumento di democrazia e di progresso per la società.

I punti di vista sono, per fortuna, diversi, come diversi sono i background e le sensibilità di un pubblico che pero’ non perde mai l’attenzione, il vivo interesse e che nota dopo nota si sente sensibilmente coinvolto dai drammi personali dei personaggi, dai grandi temi che fanno da sfondo alle vicende come la guerra, la fede e i sentimenti umani.

Per qualcuno è stupefacente, per qualcuno non è una novità ma ciò che unanimemente viene notato è l’attualità e la contemporaneità del messaggio verdiano, tanto nella sfera delle emozioni e dell’animo umano quanto nelle questioni “sociali” che si susseguono.

La straordinarietà con cui il Cigno di Busseto parla ad ogni generazione in ogni tempo, riuscendo a rappresentarne tormenti, timori, speranze e debolezze viene colta pressoché da tutti, complice anche un allestimento di indubbio impatto visivo nelle scenografie di Federica Parolini, nelle luci di Alessandro Verazzi, nei costumi di Silvia Aymonino e nella coinvolgente regia di Leo Muscato.

Tanta è anche l’ammirazione verso la bellezza di suono e i colori espressi dall’Orchestra e verso la precisione e perizia con cui il Coro (preparato da Alberto Malazzi) interpreta quello che in quest’opera è quasi un personaggio autonomo a sé.

Tra arie, duetti, cori l’opera prosegue senza intoppi e nonostante il trascorrere delle ore non sembra minimamente stancare o distrarre un pubblico silenzioso e rispettoso, che sa quando applaudire senza intaccare la bellezza della musica e l’incantesimo del teatro.

Anche il secondo intervallo è occasione di scambi di idee, intuizioni, commenti che confermano o smentiscono quanto prima detto, in un clima che non accenna a farsi meno vivace ma che anzi vede tanti ragazzi e ragazze affezionarsi ai personaggi, allo sviluppo della trama, a questa opprimente ma magnetica fatalità del destino che incombe e che condiziona rapporti e avvenimenti. Qualcuno si è già innamorato e non teme di sbilanciarsi sul fatto che tornerà, qualcun altro preferisce attendere il finale dell’opera ma si dichiara incantato dalle mezze voci di Anna Netrebko nei panni di Donna Leonora, dal piglio di Ludovic Tezier, Don Carlo o dal timbro pieno e dal canto stentoreo di Brian Jagde. I commenti non risparmiano i secondi ruoli, tra chi dichiara di essere rimasto impressionato dalla Preziosilla dai capelli ricci e rossi di Vasilisa Berzhanskaja e chi dal fraseggio poliedrico di Marco Filippo Romano nei panni di Fra Melitone ma non mancano apprezzamenti per il caratteristico Trabuco di Carlo Bosi.

Il successo è dunque già ampiamente intuibile ma si compie interamente nel finale quando a più riprese tutti i cantanti, l’orchestra, il coro e financo i mimi e i ballerini vengono accolti da ovazioni e scroscianti applausi per quelli che i fanatici contano essere 11 minuti ma che probabilmente sarebbero potuti continuare ancora per molto.

Non sappiamo se tra coloro che affollavano platea, palchi e gallerie vi sia qualcuno che rimarrà segnato indelebilmente da serate come questa e magari deciderà di intraprendere un percorso musicale, non sappiamo quanti già lo stiano facendo e quanti invece non metteranno più piede in un teatro. Allo stesso modo non possiamo sapere quale sarà il futuro nei prossimi decenni per l’opera lirica e le generazioni a venire ma ciò che è certo è che anche quest’anno, come in tutte le precedenti edizioni, l’anteprima della Scala ha saputo far scattare nei giovani quel magico incantesimo che permette all’umanità di guardarsi, riflettere, ascoltarsi e che finché vivrà darà speranza al mondo.

Grigorij Filippo Calcagno

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