Trascorsi 20 anni dall’ultima edizione diretta da Claudio Abbado, torna in scena con successo a Modena “Così fan tutte” in un allestimento con le scene e i costumi disegnati dal celebre fumettista Milo Manara.
E’ un ritorno felice quello di “Così fan tutte, ossia La scuola degli amanti” a Modena, 20 anni dopo l’ultima volta in cui il pubblico geminiano ebbe la fortuna di godere appieno della genialità della coppia Claudio Abbado-Mario Martone nel rappresentare quello che possiamo a tutti gli effetti definire un capolavoro musicale e teatrale della produzione mozartiana e dapontiana.
L’occasione è anche occasione per il debutto nei panni di disegnatore di scene e costumi per Milo Manara, tra i massimi artisti italiani di fumetti. Manara agisce con personalità nel tratto grafico ma inserendosi nel solco della nobile tradizione del teatro all’italiana e dando sfogo alla propria creatività e talento nel riempire la scena di una ricca, gioiosa e spensierata iconografia composta da ninfe, cupidi, satiri e nuvolette che popolano in uno schema bidimensionale i fondali, le quinte e i pannelli scorrevoli. L’apparato decorativo che fa da cornice alle azioni riflette dunque un gusto tipicamente settecentesco e potrebbe quasi essere quello delle dimore di Fiordiligi e Dorabella. Sono infatti proprio gli anni in cui l’opera fu scritta quelli in cui si sceglie di rappresentare la vicenda (come suggeriscono anche i bei costumi ideati dallo stesso Manara). Anni in cui lo sguardo, dopo gli eccessi manieristici del Barocco seicentesco, torna a rivolgersi al classicismo e dunque anche alla mitologia dell’Olimpo. “Il mito si addice al Settecento, nell’opera l’Olimpo è citato a più riprese, per Mozart e Da Ponte mutare sembianza è il comune strumento di seduzione di uomini e dei”, afferma lo stesso Manara, introducendo un tema, quello della trasformazione, delle maschere e della finzione che Mozart e Da Ponte utilizzano in maniera assai moderna per indagare l’agire umano e le sue ragioni, senza però giudicarlo.
Questo e altri temi emergono molto bene nell’intera regia di Stefano Vizioli, che in questo spazio scenico è abile nel cesellare e definire i caratteri dei personaggi e a mostrare appieno le contraddizioni delle regole di famiglia e società che nell’opera vengono messe impietosamente a nudo e “accettate” con un certo grado di cinismo, in un continuo susseguirsi di situazioni buffe, grottescamente drammatiche, erotiche, dissacranti e parodistiche. Non vi è alcun moralismo perbenista nella conclusione di una vicenda che anzi si sviluppa su una scommessa basata su una tesi “immorale”, la cui validità viene tenacemente ed esasperatamente perseguita da Don Alfonso ed infine dimostrata e accettata da tutti. Un’amara disillusione che con straniante modernità ci interroga sull’ipocrisia e l’impossibilità di redenzione dell’uomo.
Riuscita dunque la parte registica e scenica (da non dimenticare anche le efficaci luci di Nevio Cavina), non è da meno quella musicale, che ha il difficile compito di restituire al pubblico la leggerezza della partitura mozartiana che al tempo stesso completa ed arricchisce il libretto di Da Ponte con ulteriori geometrie e simmetrie negli schemi musicali, nelle frasi, nei tempi e in una innovativa orchestrazione che esalta caratteri e situazioni. Ottima è in tal senso la direzione del Maestro Aldo Sisillo sul podio di un’eccellente Orchestra Filarmonica del Teatro Comunale di Modena. Sisillo è un punto di riferimento solido e duttile per la compagine orchestrale, per l’inappuntabile Coro Lirico di Modena (diretto da Giovanni Farina) e per l’intero cast. La sua è una lettura brillante, vivace e spedita nei tempi, raffinata nel suono, variegata nelle dinamiche.
Giovane, affiatato, talentuoso il gruppo degli interpreti, una vera soddisfazione per chi ha voglia di godersi appieno le tante sfumature di questa perla musicale-teatrale senza risparmio, riserve o distrazioni fastidiose dovute a questo o quel limite vocale.
Nei panni di Fiordiligi troviamo Maria Mudryak, dal timbro ricco e dal canto generoso, sensibile e graziosa sulla scena.
La sorella Dorabella è invece Lilly Jørstad, anche lei estremamente naturale dal punto di vista attoriale ed espressiva e ben proiettata sul piano musicale.
Brave entrambe a restituire i rispettivi personaggi con le differenze caratteriali che libretto e partitura dipingono.
Estremamente efficaci sono anche i rispettivi amanti e futuri sposi. Antonio Mandrillo, Ferrando dalla voce chiara e luminosa, delicato come le tenui tinte pastello di Manara nel porgere, dolce ma mai mieloso nel fraseggio.
Molto bene fa anche Jiri Rajnis come Guglielmo. Il baritono si distingue per la dizione nitida e la personalità che fa da perfetto contraltare al “socio” tenore. Lo strumento vocale è di bel suono e ottimamente emesso.
Divertente, poliedrica, semplicemente vincente è Francesca Cucuzza nel ruolo di Despina. Un’ottima voce messa al servizio di un’interpretazione musicale e scenica irresistibile, che conquista il pubblico sin dalle prime scene.
Davvero efficace è infine Emanuele Cordaro come Don Alfonso. Il suo personaggio è fondamentale nell’opera, potremmo quasi per certi aspetti considerarlo protagonista vero. Il suo modo di primeggiare e macchinare le vicende è pero’ pienamente armonico e si sviluppa in una variegata gamma vocale e teatrale di colori, accenti, espressioni che senza mai sconfinare nel macchiettistico, sintetizzano appieno il carattere del personaggio e molti dei temi che attraverso esso emergono nell’opera.
Vivo e meritato il successo per tutta la compagine, in un teatro sold-out e con una buona presenza di pubblico giovane, divertito ed interessato per tutte le oltre 3 ore e mezza di musica.