“E vissero tutti felici e contenti”…
Accade proprio come in una favola, ma è uno fantasmagorico Singspiel (intreccio teatrale composto da parti recitate in prosa e parti cantate) in due atti del 1791.
Accade proprio come in una favola, ma è un’opera in lingua tedesca che segna una determinante innovazione musicale e narrativa di natura fantastica nella quale l’apparente confusione dell’intreccio drammaturgico e comico, si riempie via via di metafore e simbolismi esoterici che tanto affascinano l’illuminista Giuseppe II d’Asburgo e Lorena nel suo pensiero laico-massonico che lo portarono ad essere definito “il re sacrestano” e che nominò Wolfgang Amadeus Mozart suo Kammermusicus.
Stiamo parlando del “Flauto magico” (Die Zauberflöte- K620) l’opera del compositore austriaco su libretto di Emanuel Schikaneder, che mancava da Treviso da 16 anni e che torna in scena al Teatro Mario Del Monaco grazie al Concorso Toti Dal Monte 2024 – promosso dal Comune di Treviso e Teatro Stabile del Veneto – con l’assegnazione di 6 giovani ruoli su 10 messi a concorso.
Per fare una breve sinossi della complicata ed intrecciata vicenda basti dire che è l’amore, quello vero quello puro, la panacea contro tutti i mali. Il sentimento inteso in senso lato anche come saggezza, come bellezza universale, coeso perché abbia forza per combattere il buio delle paure, delle prove da superare che la vita ci pone di fronte e qui rappresentate dall’acqua e dal fuoco: elementi che possono essere violenti o purificatori. Aleggiano costantemente intorno agli interpreti figure scure o luminose (tre dame, fanciulli angelici, armigeri o sacerdoti) a simboleggiare le forze intime delle nostre coscienze a combattere le scelte senzienti o istintive dell’essere umano e tre sono le parole chiave che permeano la vicenda: Ragione, Natura e Sapienza.
Tamino viene salvato dal morso di un serpente da Astrifiammante, la quale chiede in cambio che il giovane l’aiuti a liberare la figlia Pamina dal ratto di Sarastro e tenuta prigioniera da Monostratos. Per fare questo gli porge un flauto dai poteri magici il cui suono può soggiogare le scelte di chi l’ascolta.
L’uccellatore Papageno, infantile e giocoso libertino che solo la passione verso Papagena riesce ad acquietare, accompagna Tamino in quest’avventura e cerca di convincere il giovane che Sarastro non è malvagio, ma che Pamina è tenuta in ostaggio per contenere le azioni malvage della Regina della Notte. I due giovani si amano, si cercano disperatamente e l’uno si trova ad affrontare prove terribili da superare per raggiungerla e liberarla, mentre l’altra lotta per mantenere intatta la sua incorrotta purezza fino a tentare il suicidio, ma per fortuna, accorrono in suo aiuto gli elementi di fiducia e speranza (i fanciulli) e, al suono del flauto magico, vengono superate e dissolte le prove degli intrecci del maleficio così gli innamorati si ricongiungono e nel regno luminoso di Sarastro si celebra la vittoria della luce trascendentale sulle tenebre terrene.
Questa nuova produzione in prima nazionale, merita il lungo applauso tributato dal pubblico che ha letteralmente “invaso” il teatro in ogni suo posto e angolo disponibile.
Gli allestimenti, scene e costumi che richiamano l’ambientazione egiziana prevista dall’opera mozartiana, sono rivisitate con un bell’effetto di impatto scenico dal regista Paolo Giani Cei che ce ne parla in questo breve commento rilasciato ad Opera Mundus prima dell’alzata del sipario.
L’Orchestra di Padova e del Veneto è diretta dal Maestro Giuliano Carella e dà prova di ottima capacità strumentale nella lettura della straordinaria partitura di Mozart con grande rispetto esecutivo nelle uscite solistiche di alcuni strumenti che caratterizzano l’opera, come la determinante simbologia del flauto, ma anche degli oboi, fagotti e corni in osmosi con gli archi e tutti in sapiente inchino alle esigenze dei cantanti.
L’Overture è eseguita in modo pregevole e strappa il primo lungo applauso della serata.
Tutte le voci scelte per questa produzione sono belle, gradevoli, giovani e promettenti.
Kim-Tamino merita attenzione per qualità stentorea e buona padronanza tecnica, Sanz-Pamina ha vocalità giovane di buone colorature e svetta cristallina. Butryn-Sarastro è un basso profondo, autorevole nel ruolo, Pogosov-Papageno sembra giocare nel dinamismo esecutivo spensierato ma le sfumature sono di maturità emissiva. Sardaryan-Regina della Notte ha buone spinte d’acuto sulle svettature mozartiane se pur alcuni vibrati non lucenti appannano la glacialità interpretativa, Battaglia-Papagena è brillante di voce e presenza scenica, bene le tre giovani Dame (Brugnolo, Aksamit e Filipponi) sostenute e di buon fraseggio. Nardis-Monostratos è a suo agio nella parte e si sente.
Nell’insieme c’è equilibrio elegante sia nei duetti che nei concertati, così i ruoli comprimari di Ravasio-Primo Sacerdote, Ling-Primo Armigero, Abbiati-Secondo Armigero.
Apporto qualitativo viene dal Coro Giovanile A.LI.VE. di Verona con Maestro Paolo Facincani ed un plauso meritato va ai tre fanciulli (Kloe Kurti, Lorenzo Pigozzo e Giovanni Maria Zanini) che danno prova importante della loro preparazione.
Questa “fiaba” di Mozart è diventata immortale perché le metafore in essa contenute sono d’attualità allora come ora: scritta oltre 200 anni fa, è buona cosa raccontarla ancora oggi.