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Teatro Sociale di Rovigo: Roberto Devereux

Teatro Sociale di Rovigo Roberto Devereux - Ph. Chiara Casarin
Teatro Sociale di Rovigo Roberto Devereux - Ph. Chiara Casarin

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Se l’orobico Gaetano Donizetti fosse un autore dei giorni nostri, sicuramente la sua passione per le vicende monarchiche della dinastia britannica dei Tudor – con i suoi intrighi, gli amori, le guerre, le gelosie e le fragilità nascoste sotto la forza del potere – si trasformerebbe in una serie televisiva di successo al pari di “The Crown” per la casata Windsor della Elisabetta numero due.

Infatti Roberto Devereux (1837) appartiene alla trilogia di opere con Anna Bolena (1830) e Maria Stuarda (1835) e nei titoli di coda si leggerebbe “liberamente tratto da una storia vera” perché è così.

In questa tragedia Donizetti ci racconta di Elisabetta I regina d’Inghilterra e d’Irlanda,  figlia di Enrico VIII e Anna Bolena e la storia si dipana attraverso il suo tormentato amore con il Conte di Essex che confligge sentimento e dovere istituzionale rendendola fragile, infelice e sola.

L’unica energia a sostenerla e che la fanno vittima e carnefice al tempo stesso, è l’osmosi che si crea tra il dolore e la furia di vendetta che la scoperta del tradimento scaturiscono in lei, trascinando la corte che la circonda in un epilogo di funesta follia.

Senza voler banalizzare offendendo melomani puristi, ma cercando di catturare l’attenzione la giovane spensieratezza di un’età che teme il dramma operistico, potrei fare una sintesi richiamando la recente musica leggera di Annalisa quando canta: “ho visto lei che bacia lui, che bacia lei, che bacia me, mon amour ma chi baci tu? Io farò una strage stasera…”. Ecco, circa così.

Tornando seri, con la convinzione che questa è una delle più belle composizioni di Donizetti su libretto di Salvatore Cammarano, invitiamo  chi ci legge ad approfondire questa vicenda ambientata in pieno XVI secolo e che il Teatro Sociale di Rovigo ha messo in scena in serata unica  con un  nuovo allestimento in coproduzione con la Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo e con un cast d’eccezione: Elisabetta è il soprano Jessica Pratt, il Duca di Nottingham il baritono Simone Piazzola, il mezzosoprano Raffaella Lupinacci è Sara ed il tenore John Osborn interpreta Roberto Devereux.

Lord Cecil è David Astorga tenore, i bassi Fulvio Valenti e Ignas Melnikas, rispettivamente il Cavaliere di Nottingham e Gualtiero e sono bravi nel ruolo per impronta di voce e presenza interpretativa.

Il Coro dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano che si apprezza per armonia,  ha per Maestro Salvo Sgrò ed è ben appoggiato dall’Orchestra Donizetti Opera  diretta dal Maestro e Concertatore Alberto Zanardi, il quale padroneggia gli strumenti in ogni crescendo ed equilibrio dei concertati .

La scelta per questa nuova produzione è la prima versione napoletana composta dal Maestro bergamasco, il sipario si apre cioè con il breve preludio in esecuzione filologica che immerge direttamente nella vicenda;  la sinfonia infatti, arriverà successivamente nell’occasione parigina del 1838.

Il primo quadro si apre con la struggente romanza “All’afflitto è dolce il pianto” nel quale Sara – sposata per necessità al Duca di Nottingham e  per scelta registica in evidente stato interessante –  è circondata dal coro delle Dame che si preoccupano della sua afflizione, “Pallor funereo le sta dipinto in volto! Un duolo, un duol terribile ha certo in cor sepolto” che nella realtà è causata  per il rapporto infelice con  Roberto Devereux  e da lei  stessa camuffata attraverso un libro letto sulla storia di un amore disperato.

E’ qui che entra in scena  Elisabetta Tudor la quale, in altero tentativo di consolare la sua dama di corte ed ignara del sentimento tra i due, condivide con lei il lacerante tormento nel sapere che l’amato Roberto d’Essex è tornato dalla guerra con il sospetto di averla tradita doppiamente:  come regina e come donna innamorata la quale giovinezza sta scemando. La cabaletta “Ah! ritorna qual ti spero, qual ne’ giorni più felici, e cadranno i tuoi nemici nella polve innanzi a te. Il mio regno, il mondo intero reo di morte invan ti grida…Se al mio piede amor ti guida innocente sei per me!”  esprime appieno il conflitto dei ruoli ai quali sarà tenuta a governare.

L’impatto è subito di grande effetto. Le scene ed i bei costumi di Katie Davenport ci rivelano un’iconica Elisabetta la quale, se non fosse per i soli teschi forieri di morte disegnati sul basso bordo dell’abito, sembrerebbe una regina uscita da un quadro cinquecentesco di William Segar.

Jessica Pratt ha portamento solenne naturale, interpreta con innata nobiltà ogni tumultuoso sentimento che dilania il difficile personaggio: il suo dolore, i suoi sospetti, la sua sconfitta; il suo furore  in “Un perfido, un vile, un mentitore tu sei… del tuo mendacio il muto accusatore guarda, e sul cor ti scenda fero di morte un gel “ è da brividi.

Quando nel finale, arreso lo scettro di regina alla donna disfatta nell’amore e nella vita  “Di gemiti, e grida il cielo rimbomba… Pallente del giorno il raggio si fe’… Dov’era il mio trono s’innalza una tomba… In quella discendo… fu schiusa per me”  strappa dal capo la fulva parrucca abdicando al trono per Giacomo re, il silenzio in sala è davvero drammatico.

La Pratt è soprano leggero e d’agilità, in questo melodramma è al suo debutto e la prova è difficilissima  con cambi di registro repentini ed impegnativi. Risulta preparata soprano  di colore, ricco di slanci, acuti prolungati ed efficace corpo dei centri e dei gravi; i delicati pianissimi sono davvero ricchi di sentimento, nell’ultimo atto dà prova straordinaria ed il pubblico riconoscente, gratifica generoso per minuti.

Molto brava è Raffaella Lupinacci in Sara e debutta nel ruolo anche lei. Nel Palazzo di Westminster  è turbata fanciulla che le convenzioni  obbligano a scelte senza vie d’uscita e non trova consolazione in alcun rapporto umano. Né in Roberto dalla  clandestina relazione  che non può continuare, né nel marito Lord di Nottingham che inizialmente amico di Devereux, scoperto il tradimento dei due, sarà parte attiva della condanna a morte, né tantomeno della ormai inavvicinabile Regina. Il mezzosoprano ha voce completa nei registri, limpida, di belle estensioni, adatta le vocalità alle patetiche espressioni dello sfortunato amore quando chiede pietà  “All’ambascia ond’io mi struggo dona, ah! dona un solo istante… Io lo giuro, a te non fuggo, riedo in breve alle tue piante… Cento volte allor, se vuoi, me trafiggi a’ piedi tuoi, benedir m’udrai morente quella man che mi ferì”  e sa tessere con maturità tonalità contraltili e sopranili nei duetti “Oh, reo destin crudel!… Questo addio fatale, estremo è un abisso di tormenti… Le mie lagrime cocenti più del ciglio, sparge il cor. Ah! mai più non ci vedremo… Ah! mai più: morir mi sento… Si racchiude in questo accento una vita di dolor”.

Il Conte d’Essex , Roberto Devereux, è John Osborn. Per essere uomo d’armi e d’amori la sua presenza scenica risulta un po’ legnosa soprattutto in momenti nei quali è previsto forte il pathos dei sentimenti che caratterizzano i tre atti del melodramma.

Ma non così la voce, che è ricca di cambi cromatici ben proiettati, gli acuti sono sicuri, il fraseggio fluido, espressivo, i cambi di registro sono duttili e ben rendono il baratro comportamentale nel quale il conte cade e che firma la sua morte “Mi sovrasta il fato estremo! Pur di me, di me non tremo… Della misera il periglio tutto estinse il mio coraggio… Di costui nel torvo ciglio folgorò sanguigno raggio! Ahi! quel pegno sciagurato fu di morte, e non d’amor!” .

Delicati i pianissimi ed in piena sintonia con l’orchestra

Mi sovrasta il fato estremo! Pur di me, di me non tremo… Della misera il periglio tutto estinse il mio coraggio… Di costui nel torvo ciglio folgorò sanguigno raggio! Ahi! quel pegno sciagurato fu di morte, e non d’amor!”

Una leggera delusione l’indisposizione annunciata di Simone Piazzola che deve interpretare il Duca di Nottingham  e porta a termine con impegno e serietà professionale l’opera  che sembra ritagliata per le sue qualità vocali pur non potendo esprimere la forza e la passione del personaggio e dovendo rinunciare all’ampiezza ed il colore che delle sue corde gli conosciamo. Gli vanno riconosciuti  educato impegno nei  concertati, presenza scenica di efficacia e fraseggio di scuola.

Il Maestro Zanardi esprime la sua inclinazione nello scoprire sempre letture nuove sulle partiture del compositore e, da bravo direttore, mantiene interpretazione e dialogo con i cantanti, in grande equilibrio  dei ritmi di scena, delle prese di fiato e le esigenze della struttura musicale.

Alcune scelte del regista Stephen Langridge (lo scheletro-regina animato che aleggia spesso in scena, il gioco dell’impiccato disegnato dai soldati, i teschi sparsi ovunque, i poetici versi proiettati sulla Camera dei Lord intenta a esprimere condanna) possono piacere o non piacere, ma il loro impatto, se contestualizzato, aiuta a far emergere la licenza interpretativa sulla vera storia dell’ultima regina Tudor che portò sul suo capo una corona pesantissima per responsabilità, ma che segnò indubbiamente uno dei periodi più importanti, significativi e carismatici della storia inglese da essere definito “grande periodo elisabettiano”.

In quest’opera alcuni riferimenti su Elisabetta I sono inventati dal librettista Salvatore Cammarano, altri sono veri, come la sua infelice solitudine. Forse.

Una pregevole produzione questo Roberto Devereux  che da Rovigo torna a Bergamo in replica il 23 e 28 novembre.

19 novembre 2024 – Roberto Devereux – Teatro Sociale di Rovigo

tragedia lirica in tre atti

musiche di Gaetano Donizetti

libretto di Salvadore Cammarano

Casa Ricordi, Milano. Edizione critica Julia Lockart

CAST

Elisabetta Jessica Pratt

Lord duca di Nottingham Simone Piazzola

Sara Raffaella Lupinacci

Roberto Devereux John Osborn

Lord Cecil David Astorga

Cavaliere e familiare di Nottingham Fulvio Valenti

Gualtiero Ignas Melnikas

 

maestro concertatore e direttore d’orchestra Alberto Zanardi

regia Stephen Langridge

scene e costumi Katie Davenport

 

Orchestra Donizetti Opera

Coro dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano

maestro del coro Salvo Sgrò

 

Nuovo allestimento e nuova produzione della Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo in coproduzione con il Teatro Sociale di Rovigo

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Chiara Casarin

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