Grande successo a Modena per la Prima di “Mosè in Egitto”, opera inaugurale della Stagione 2024-2025 del Teatro Comunale “Pavarotti-Freni”. Particolarmente apprezzati il grandioso allestimento e il debutto nel ruolo del protagonista di un magnifico Michele Pertusi.
Era il lontano 1984 quando un appena 19enne Michele Pertusi debuttava a Modena in Ernani di Giuseppe Verdi nei panni di Silva, dando inizio ad una carriera strepitosa, costellata di grandi successi anche e soprattutto nel repertorio rossiniano. Ed è proprio con Rossini che 40 anni dopo, di nuovo a Modena, Pertusi si cimenta in un nuovo debutto, quello del ruolo di Mosè in “Mosè in Egitto”, splendida perla del repertorio serio del Maestro pesarese, ancora ingiustamente troppo poco presente nei repertori dei teatri d’opera (a Modena mancava, in questa versione, dal 1833!). È vero, il basso parmigiano aveva già affrontato in passato questo titolo ma nei panni del faraone e in quello di Mosè nella versione in francese. È solo oggi che torna “alle origini” di questo titolo che il Comunale di Modena ha scelto di presentare nell’edizione napoletana del 1819.
Un plauso iniziale va dunque alla scelta di inaugurare la stagione lirica 2024-2025 con un’opera di grande interesse nell’evoluzione della produzione rossiniana. Fu infatti con il Mosè che Rossini osò tra i primi presentare un soggetto fortemente biblico in un contesto teatrale, disancorandosi dai canoni più tradizionali che vedevano in primo piano gli intrecci amorosi, a favore invece di una preponderanza degli scontri religiosi. Conseguenza diretta di questa scelta fu un’elevazione stilistica e musicale che virò in maniera assai moderna verso nuovi orizzonti, dando maggiore spazio a cori e assiemi piuttosto che ai virtuosismi solistici tipici dell’era belcantista. Seppure permangano importanti pagine musicali solistiche (ma maggiormente volte alla preghiera e al tormento psicologico) e le vicende dei singoli personaggi mantengano un ruolo importante nello sviluppo della trama, sono le masse ad esprimere con potenza espressiva le sensazioni, gli stati d’animo e a diventare protagonisti veri dell’azione. Non a caso è in molti dei suoi cori (basti pensare al celeberrimo “Dal tuo stellato soglio”) che l’opera raggiunge la massima popolarità e probabilmente il suo apice emotivo ed espressivo. Anche la strumentazione presenta elementi di grande modernità per il tempo. Si tratta dunque di un esempio pioneristico, come verrà in seguito definito, che dà l’avvio ad una sintesi straordinaria tra i dettami belcantistici e una nuova sensibilità musicale e teatrale che di lì a poco si sarebbe sviluppata, intrisa di accenti drammatici. Non possiamo in tal senso non pensare all’evidente connessione con il Nabucco di Giuseppe Verdi.
Il nuovo allestimento messo in scena a Modena è interamente prodotto in casa, nell’antico laboratorio di scenografia ancora esistente e in funzione nella sua collocazione originaria. La regia, firmata da Pier Francesco Maestrini, è fedele all’epoca e al contesto culturale voluti dal compositore e parte dall’assunto che le vicende raccontate nella Bibbia e il personaggio stesso di Mosè abbiano un carattere pressoché mitologico e che i fatti storici vengano amplificati e romanzati. Da qui la scelta di non soffermarsi su una didascalica ricostruzione storica ma di puntare piuttosto sugli elementi fantastici e gli eventi soprannaturali che avvengono a più riprese per effetto di poteri prodigiosi. Ecco dunque che lo strumento maggiormente utilizzato sono le proiezioni video, realizzate (così come le scenografie) da Nicolás Boni. Il suo tratto inconfondibile lo avevamo già ammirato pochi mesi fa nel Trittico al Comunale di Bologna, immerso tra i gironi della Divina Commedia dantesca. Mai come in quest’opera l’espediente risulta intelligente per creare effetti teatrali di indubbia potenza, senza abusare di elementi fisici che occuperebbero spazio prezioso necessario alle folle che assiepano il palcoscenico. Vediamo così materializzarsi, in un gioco di sovrapposizioni su più livelli tra il sipario trasparente in proscenio e il fondale posteriore, ambientazioni e scenari che sembrano quadri in movimento. La qualità dei video c’è tutta ed evita l’effetto “pacchiano” che una scelta simile rischia talvolta di riprodurre. Tutt’altro, ci si ritrova realmente immersi sotto cieli dalle svariate tinte e sfumature, dentro una tenebrosa e profonda grotta ricca di stalattiti, tra imponenti colonne all’interno del palazzo, agli esterni tra piramidi e una grande città nello sfondo. Ambienti con elementi in movimento, suggestivi e riprodotti in chiave romantica e realistica allo stesso tempo, con evidenti richiami ai paesaggi di William Turner. Semplicemente spettacolari sono i momenti “prodigiosi” come l’apocalittico incendio e il maestoso aprirsi e richiudersi delle acque del Mar Rosso, momento clou dell’opera, non di meno un affascinante tableau vivant è il momento del coro di preghiera degli Ebrei. A contribuire a questa coinvolgente resa scenica vi sono i fedeli costumi di Stefania Scaraggi, che evidenziano come i due popoli rappresentino due facce di una stessa medaglia e le luci, assai efficaci di Bruno Ciulli.
Sul fronte musicale, a dirigere l’Orchestra Filarmonica Italiana è il Maestro Giovanni Di Stefano, guida equilibrata ed attenta nell’evidenziare contrasti dinamici (che meraviglia quel crescendo nel finale dell’opera!) e a valorizzare le ottime sezioni della compagine orchestrale, tra cui in particolare quella dei fiati. Abbastanza positivo anche il bilanciamento con le voci sul palco, salvo qualche momento leggermente soverchiante. Eccellente la prova del Coro Lirico di Modena, preparato da Giovanni Farina, sempre omogeneo nel suono e capace di suscitare palpabili emozioni nelle splendide pagine ad esso affidate dalla partitura.
Il cast vocale è capitanato, come già detto, da uno straordinario Michele Pertusi nei panni del protagonista. Autorevole, solenne, nobile e oseremmo dire maestoso ma al tempo stesso umano e aperto nel mostrare tanto il proprio intimo e delicato raccoglimento in preghiera quanto la poderosa ira, senza bisogno di sbracciarsi ed enfatizzare un gesto che nella sua essenzialità sprigiona il massimo della teatralità. Anche la voce, ancora vigorosa e duttile alle dinamiche espressive, si fa forte in maniera positiva del passare degli anni, contribuendo ad una interpretazione che incanta e commuove.
Accanto a tale performance non sfigura anche il resto del cast. Andrea Pellegrini è un faraone che padroneggia il ruolo con indubbia sicurezza sul versante scenico quanto su quello, mai semplice, della partitura musicale.
Aida Pascu è una splendida Elcia, che si distingue per il timbro affascinante, la morbidezza di un canto legato, ben sfumato e sempre comunicativo, perfettamente a proprio agio anche nella coloratura, grazie ad una tecnica e ad un’espressività ben perfezionate sotto la guida di Raina Kabaivanska (presente in sala).
Positiva complessivamente la prova di Dave Monaco, nelle vesti di Osiride. Il suo personaggio appare credibile e completo, con una incontestabile destrezza tecnica che gli consente agilità e acuti facili e una nitida dizione associata ad un fraseggio ispirato. La sua voce chiara appare tuttavia talvolta sovrastata dal volume dell’orchestra e delle altre voci.
Mariam Battistelli è una efficace Amaltea, particolarmente versatile nei virtuosismi propri del cantare belcantistico e molto comunicativa grazie ad un canto agile e spontaneo. Il suo timbro è fresco e diretto, molto ben proiettato, al netto di qualche suono fisso e pur non essendo particolarmente pastoso.
Nei panni di Aronne ben si distingue Matteo Mezzaro, dotato di uno strumento vocale duttile, di buon volume e votato all’espressività nel canto. Molto bene anche Angela Schisano, interprete del ruolo di Amenofi, a fuoco sia musicalmente che scenicamente, corretto seppur sovente coperto dall’orchestra il Mambre di Andrea Galli.
Lo spettacolo viene accolto da generosi applausi e particolare entusiasmo nei confronti di Pertusi della regia, per una prima che complessivamente lascia presagire una stagione di grande interesse nei mesi a venire.